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Visualizzazione dei post da giugno, 2012

Lucciole per lanterne


Ph.: Hans and Nicole Photography

C'era una volta un Lunedì, che si sentiva poco amato, rispetto agli altri giorni della settimana. Ma quella volta stava bene, perchè la Domenica, prima di cedergli il passo, lo aveva consolato dicendogli che tutti i giorni sono belli: un vero spettacolo del Creato, che comincia a mezzanotte e segue con l'alba, sempre meravigliosa, purchè non Parietti. Così confortato, Lunedì si concesse la solita passeggiata mattutina, per vedere cosa sarebbe accaduto per le vie della città.
Una signora stendeva i panni, un'altra si stendeva col postino, un'altra stendeva la pasta col mattarello, un'altra ancora il marito fedifrago, sempre col mattarello. Nei quotidiani le lettere dell'alfabeto si abbracciavano in cacofoniche danze, utili perlopiù alla pagnotta dell'edicolante, pentito per non aver aperto un panificio, giacchè la carta serve dopo, e non prima dei pasti. Quel giorno in particolare, gli automobilisti cominciarono ad incazzarsi prima del solito, non perchè all'incrocio mancasse il vigile urbano, ma perchè c'era. A parte ciò, tutto lasciava presagire un giorno uguale agli altri, anzi, meno degli altri, praticamente senza storia.
A un trattino, però, l'alfabeto morse il postino, invidioso di tutte quelle lettere che portava con sè. Dente per dente, i francobolli cominciarono a difenderlo a denti stretti, ma lui mordeva, non demordeva; poi, quando capì che il postino andava preso con le molle, decise di mollare la presa. Fuggendo via, però, inciampò in questo però, sbucciandosi il naso a patata. Lo tagliò in quattro e fece altrettanti salti in padella, per sgranchirsi un po': i granchi con le patate erano il suo sport preferito, a tavola.
Il problema, adesso, era che se gli fosse saltata una mosca al naso, lui, che non poteva vedere a un palmo dallo stesso, sarebbe stato costretto a giocare a mosca cieca. Così, per non essere declassato a Braille, andò nel Paese dei Tarocchi, dove Pinocchio aveva aperto un negozio cinese in società con Mangiafuoco, il Gatto e la signora Volpe. Una volta entrato, l'alfabeto chiese se avevano un naso nuovo di zecca. «Ho quello che fa per te! - disse il burattino - Questo è indicato per zecche, mosche e zanzare». A quel punto intervenne il Grillo Parlante, che gli mise una pulce nell'orecchio: «Attento, lo conosco bene quello. Ricorda che le bugie hanno le gambe corte». Lui squadrò le estremità di Pinocchio, e constatò che sì, le sue gambe erano corte, ma solo perchè gli si erano bruciati i piedi nel camino. In quanto al naso, sembrava perfetto, così disse: «Se va bene anche per i grilli e le pulci, lo prendo».
Una volta rientrato a casa, l'alfabeto senza lettere avvitò quel naso tarlato al centro del suo grugno, proprio tra ". ." e "_". Soddisfatto, fece un sorriso allo specchio ":-)", poi lo raddrizzò, ma si accorse che il naso restava storto. C'era qualcosa che non andava... provò anche a tenere fermo il naso e a ruotare la testa, ma niente da fare. Quando infine dovette ammettere di essere stato truffato, storse anche la bocca ":-(". E dire che quel naso gli era costato un occhio...
Ebbene sì, Pinocchio lo aveva proprio preso per il naso. D'altro canto, se lui avesse prestato orecchio al grillo saggio, ne avrebbe risentito anche l'udito, almeno fino alla restituzione. Naso rotto capo ha: così, affranto, svitò quella bìfora bitorzoluta dalla sua faccia, e la ripose in una pratica custodia porta-nasi-difettosi; quindi la rispedì indietro all'ufficio reclami della Geppetto S.p.A., accompagnata da una furiosa lettera, anzi, per la precisione quattro lettere, le uniche che era riuscito a sottrarre al postino: «GRRR!» (l'esclamativo lo compose mettendo in verticale uno dei suoi trattini, col punto sotto).
Passarono tre giorni, il Martedì, il Mercoledì e il Giovedì, guardarono quel povero analfabeta senza naso, e lo schernirono senza pietà fino a Venerdì escluso (di Venere e di Marte non si scherna, si sta in disparte). Sabato mattina, finalmente, arrivò il postino. Un altro, perchè quello di prima era ancora in ufficio a leccarsi ferite e francobolli... ogni tanto provava a leccarsi anche i gomiti, ma non vi riusciva, così si girava i pollici, tant'è che i colleghi lo soprannominarono Pollicino.
Il postino porse una lettera proveniente dal Portogallo (lo si capiva dal francobollo verde Portobello, che l'alfabeto morse insieme all'angolo della busta per aprirla). Al centro del foglio, una enorme "V" sbarrata: un simbolo che a lui, vero esperto di comunicazione visiva, oltre che sonora, risultava del tutto sconosciuto. Poi si accorse che il foglio era al contrario, e che quella altro non era che una banalissima "A".
Un secondo foglio riportava poche righe di scuse da parte della Geppetto S.p.A., firmate da Fata Turchiña, delegato commerciale transessuale in trasferta, ex centravanti della Triestina. In particolare, la ditta si scusava di non poterlo accontentare perchè un'epidemia di raffreddore aveva compromesso l'intera produzione. In sostituzione, a seguire gli sarebbe stata inviata, con cadenza interdentale e labiale, una serie completa di lettere, dalla "B" alla "Z", tranne la "K", perchè Robe di Kappa non rientrava tra i loro sponsor. Le consonanti aspirate, invece, gli sarebbero state inviate direttamente dalla Folletto, ditta consociata.
Niente sottratto, l'offerta gli parve piuttosto conveniente. In fin dei conti, quel naso non è che gli servisse poi molto: non era certo un alfabeto da tartufi, lui.
Fu così che, tre lune e pochi satelliti dopo, riuscì a completare l'intera collezione di lettere, catturando persino la Kappa, che notoriamente skappa (in realtà il giudice gli aveva dato ragione, e Pinocchio era stato costretto a dargli quella del suo camino, a titolo di risarcimento per il danno nasale).
Da allora l'alfabeto non morse più, e le persone cominciarono a prenderlo alla lettera, a trattarlo cioè come un alfabeto normale, perfino serafico, anzichè un vetusto codice telegrafico. Si sentiva così soddisfatto che un bel giorno decise di inviare a Pinocchio un abecedario nuovo di zecca, così finalmente avrebbe smesso di andare in giro a piantare zecchini d'oro per comprarselo. Era ora che quel Pinocchio diventasse un bambino vero. Adesso che è anche cresciuto, si spera solo che riesca a trovare un lavoro onesto. E già, perchè Geppetto, con la ditta di nasi in fallimento, la crisi, il fiato delle balene sul collo e quei quattro soldi della pensione, non ce la fa davvero più a mantenerlo.

DOC


P.S.: Il caldo torrenziale di questi giorni non perdona, voi spero di sì.

Danza sulle punte... delle mani




"SOMETIMES DREAMS DO COME TRUE" - Sand Art by Ilana Yahav




Le tue mani*

Quando le tue mani muovono,
amore, verso le mie,
cosa mi portano in volo?
Perché si sono fermate
sulla mia bocca, all'improvviso,
perché le riconosco
come se una volta, prima,
le avessi toccate,
come se prima di esistere
avessero già percorso
la mia fronte, la mia cintura?
La loro morbidezza giungeva
volando sul tempo,
sul mare, sul fumo,
sulla primavera,
e quando tu hai posato
le tue mani sul mio petto,
ho riconosciuto quelle ali
di colomba dorata,
ho riconosciuto quella creta
e quel colore di grano.
Per tutti gli anni della mia vita
ho vagato cercandole.
Ho salito scale,
ho attraversato scogliere,
mi hanno trascinato via treni,
le acque mi hanno riportato,
e nella pelle dell'uva
mi è sembrato di toccarti.
Il legno di colpo
mi ha portato il tuo contatto,
la mandorla mi annunciava
la tua morbidezza segreta,
finché si sono strette
le tue mani sul mio petto
e lì come due ali
hanno concluso il loro viaggio.

Pablo Neruda


(*) Dedicato alla mia principessa. DOC

Valzer per un weekend


"Bal à Bougival", Pierre-Auguste Renoir, 1883

«Come un valzer la vita danzarla dovrai,
è un vestito da sera che tu indosserai,
è una festa con mille invitati,
un po' belli un po' odiati, con cui ballerai»
(da "Buongiorno a te", Luciano Pavarotti)



"LUPIN - LA FISARMONICA", Orchestra Castellina-Pasi, 1981




"VALZER PER UN AMORE", Fabrizio De Andrè, 1964
F. De Andrè - Vinicio Capossela - London Symphony Orchestra, da "Sogno n°1", 2011




"LA VALSE D'AMELIE POULAIN", Yann Tiersen
Dal film "Il favoloso mondo di Amélie", Jean-Pierre Jeunet, 2001





DOC

Il peggior premio per un blogger


Sulla nostra misteriosa e sfuggente esistenza non smetteremo mai di porci domande. Ma a differenza di questa, la trasposizione virtuale (o parodia elettronica) che hai davanti agli occhi, può essere maggiormente controllata, perchè di un nostro prodotto si tratta. In questo caso il "dio" non è da ricercarsi chissà dove: lo vediamo tutti i giorni per le strade, in ufficio, in tivù, allo specchio.
Attraverso le web-community, oggi siamo in grado di replicarci più o meno fedelmente, condividendo con il mondo intero (si fa per dire, almeno finchè le mie stesse possibilità in questo senso non verranno garantite davvero a tutti) non già il nostro essere nella sua completezza, ma il surrogato migliore che riusciamo a fornire della nostra persona. Tanto che, nell'Italia dei primati (nel senso dei record, e non delle scimmie), «siamo il popolo che mente maggiormente creando il proprio profilo online, secondo una ricerca promossa da Intel in nove paesi» (La Repubblica, 9 giugno 2012).

Allo sguardo critico e cinico di un osservatore esterno, potremmo apparire come una moltitudine di primati (questa volta nel senso delle scimmie, ma senza offesa per nessuno) che si muove in una giungla sconfinata alla ricerca di chissà quali banane, più per golosità che non per sopravvivenza. Se non alla conquista di un inadeguato scettro da leone/leonessa, per un trono da re/regina della foresta. Tutto sommato, il web non è poi così diverso dalla dimensione tattile, e prendendone atto la cosa non ci soddisfa già più, assetati come siamo di stimolanti quanto schizofreniche evoluzioni extracorporali.

Con queste immagini riflesse nello specchietto frontevisore, rientro alla base. Bisogna ammettere che siamo ancora lontani dal grande salto che ci slegherà totalmente dalla carne, se mai ci sarà. Ma finchè "Il tagliaerbe", "Nirvana", "Existenz", "Matrix", "Avatar" resteranno film di fantascienza, sarà bene che non perdiamo di vista la nostra versione originale, quell'ineguagliabile effetto 3D che ci appartiene dalla notte dei tempi.
Non dimentichiamo, ad esempio, che dietro alla scarna icona di un profilo web c'è una persona in carne e ossa, e che, tralasciando una gran fetta di utenti che del pianeta virtuale fanno un uso improprio, moltissime di queste persone si offrono alla rete con il dovuto bon ton, ma soprattutto contribuiscono alla crescita comune senza pretendere alcun compenso (vedi Wikipedia). Succede però che, talvolta, proprio l'atteggiamento dei server ospitanti, veri generatori di trend al timone della nave, non sia rispettoso come ci si aspetterebbe. 

E' il caso dell'icona qui accanto: gli assidui fruitori dei servizi "Blogger" e "Friend connect" di Google la conoscono fin troppo bene, gli altri naviganti probabilmente ci si sono imbattuti più di una volta. Identifica (o meglio, dovrebbe identificare secondo chi ne ha approvato la grafica) un utente che ha chiuso il proprio blog, e che di conseguenza non è più rintracciabile su questa piattaforma.
Pessimo gusto, direi, se non offesa vera e propria: 1) il punto esclamativo inscritto nel triangolo è convenzionalmente e storicamente un segnale di pericolo, lo stesso che in rete (e non solo) si usa per mettere in guardia su aree a rischio, inaffidabili o che recano danno; 2) il nero ed il grigio scuro completano l'opera, vestendo l'ex blogger con un abito da "miglior vita" (e vai con gli scongiuri). Alcuni tra i miei più cari follower, come altri che seguivo, avendo chiuso il proprio blog, me li sono ritrovati marchiati con questa amenità, e vi assicuro che l'effetto è davvero triste. Belle persone a cui, a dispetto delle considerazioni iniziali, ero e resto legato sentimentalmente, proprio per quanto hanno generosamente condiviso attraverso Blogger, che però li congeda con questa orribile "buona uscita".
Chissà, forse anche questa icona fa parte delle discutibili strategie (egemonie) di mercato: «Non dissociarti da noi, altrimenti...». Quasi un anatema voodoo, insomma.

Considerato che il logo Blogger è bello, solare, plastico, coerentemente al servizio che offre, credo che una buona alternativa possa essere il logo stesso, opportunamente sbarrato per inaccessibilità (vedi accanto). Ovviamente è solo un esempio, in realtà di soluzioni ce ne sarebbero a bizzeffe: è fin troppo facile trovare un simbolo da sostituire a quel tetro, malefico e obsoleto triangolo.
Senza dubbio nella rete circolano mali peggiori, ma quanto scrivo non vuole limitarsi al dettaglio, altrimenti non mi sarei sbilanciato parlando di "giungla" (o "jungle", più assonante con "Google"). Il concetto è che, se proprio vogliamo trasferirci in nuove dimensioni, sarà bene cogliere la palla al balzo per mollare quelle zavorre di superficialità che tanto affliggono la realtà concreta. Riguardo poi all'icona imputata, ovvero il premio che Blogger distribuisce ai propri contribuenti all'uscita, spero proprio che, quando toccherà a me, nel mio profilo resti una bella targa colorata, anzichè una lapide, a rappresentarmi.

DOC

Doctor Peter racconta / 15° episodio: Il passero temerario

Gli episodi di questa serie sono autoconclusivi: possono essere letti anche singolarmente, essendo collegati tra loro solo da piccoli spunti o da personaggi già presentati. L'elenco completo delle pubblicazioni si trova in fondo.

"Sparrow man", dipinto di Michelle Dawson

- Ciao!
- ...Ho detto: «Ciao!»
- Ma chi diavolo...
- Qui, in alto.
- Un... passerotto? Ecco, lo sapevo. Troppo sole, comincio ad avere le traveggole. Sento parlare persino i passeri, adesso.
- Ti capisco. In effetti non mi era mai capitato che un essere umano comprendesse il mio cinguettìo... Ma forse è solo la voce della tua coscienza, a tradurlo. Comunque piacere: io sono Dario, il passero temerario, figlio del passero socialitario.
- Ma non mi dire! Io mi ero fermato al "passero solitario"... Devo aver perso qualche lezione... Ah! Ah!
- Più rispetto, prego. Quello era il mio bisnonno, la buonanima: è a lui che Giacomo Leopardi si ispirò nel comporre la celebre poesia.
- Ah, beh. Non pretenderai mica delle scuse, adesso?! Già è un'assurdità che io stia qui a parlare con te, ci manca pure che un uomo, con tanto di fucile da caccia, sia tenuto a scusarsi con un passerotto...
- Ne fai un discorso di razza? Credi davvero che gli umani siano legittimati a considerarsi superiori alle altre forme animali, nello specifico i volatili?
- Ovvio, ne sono più che convinto. Non mi dirai che i passeri sono in grado di raggiungere la Luna, o di spingersi oltre.
- Sinceramente mi sfugge il motivo per cui dovremmo farlo... Non ci sono alberi su cui nidificare, laggiù.
- E le nostre costruzioni sulla Terra? Sai che il grattacielo più alto del mondo misura oltre 800 metri? E in futuro ce ne saranno anche di più alti.
- Il nido in cui sono nato era più piccolo di un pallone da calcio, ma era comodissimo, dentro ci stavamo in otto, ed ha resistito persino a un  forte terremoto. Lo costruì mio padre, tutto da solo, e naturalmente senza mani... Mi chiedo se tutta questa voglia di altezza non sia da ricondurre alla vostra impossibilità di spiccare il volo, a cui cercate di sopperire facendo castelli di sabbia con torri sempre più alte. Che comunque non arriveranno mai a 11.000 metri, ovvero la quota di un grifone di Ruppel in volo.
- Grrr! E' vero, non abbiamo le ali, ma abbiamo buone gambe. Lo sai che siamo in grado di superare i 40 km/h di velocità, in corsa?
- Ehm... Senza scomodare i cugini falchi pellegrini, capaci di raggiungere i 350 km/h, ti dirò che anch'io non me la cavo male. Chiaramente senza bisogno di "piste": in aria non ci sono molti ostacoli da dover scansare. E sul terreno lo struzzo corre due volte più veloce di voi.
- Uhm... Ma scommetto che nessuno di voi pennuti è bravo come me alla Playstation.
- Spiritoso! In questo ti cedo volentieri il primato. Ma rilancio col mio amico gufo: lui è in grado di ruotare la testa di 270° per vedere chi gli sta alle spalle... Non mi risulta che questo rientri nelle facoltà umane.
- Okay, passiamo alle cose serie. Che mi dici del nostro formidabile progresso tecnologico, dall'invenzione della ruota all'odierna nanotecnologia? Ti faccio un esempio. Se volessi andare a Hong Kong, mi sarebbe sufficiente digitare il nome della città sul cellulare, e in un batter d'occhio Google Maps mi traccerebbe con assoluta precisione il percorso, corredato da un'infinità di informazioni. E' ovvio che poi mi servirei dell'aereo, altra chicca supertecnologica "by homo sapiens", e in poche ore mi troverei davanti a un ottimo piatto di sushi originale.
- Di ruote ne avete fatte fin troppe: la qualità dell'aria la so valutare anch'io, sai? In famiglia non siamo mai stati grandi viaggiatori, e per dirla tutta il sushi non mi piace. Ma gli uccelli migratori, il "navigatore" ce l'hanno "di serie" dalla nascita: sanno orientarsi benissimo senza bisogno di alcuno strumento, in andata e ritorno, per distanze anche maggiori di quella da te ipotizzata. Proprio l'altro giorno la mia amica Sterna Paradisaea mi raccontava di aver viaggiato, solo in un anno, per ben 70.000 chilometri in totale. Inutile dirlo, senza inquinare. 
- Insomma, basta. Questa conversazione è già di per sè surreale. La verità è che, a differenza degli uccelli, gli umani hanno la ragione, e stai attento: non ti conviene farmela perdere. Ricorda che noi, quelli come te, li uccidiamo a distanza e ce li mangiamo.
- Cip! Ciricip! Cip cip cip! Cip! (Trad.: «Ecco, appunto! In questo sì, che siete davvero insuperabili. Addio!»)

Bello e gratuito



L'ebook di Silvia e Vele Ivy
Ma non solo: intrigante, elegante, romantico e sopraffino. Al punto che ti consiglio vivamente di non lasciartelo sfuggire.
L'appassionante avventura di "Niamh delle fate, una musa Preraffaellita" nasce dalle dita delicate di due giovani scrittrici: Vele Ivy, autrice del blog "Colorare la vita", e Silvia, autrice del blog "Vorrei essere un personaggio austeniano". Sui rispettivi blog il racconto è stato affiancato da curati approfondimenti di carattere storico e culturale, in modo che i lettori potessero godere di una visione d'insieme piuttosto esauriente.
Per scaricare l'ebook gratuitamente (e senza registrazione di alcun tipo) puoi cliccare sulla copertina qui accanto, che indirizza al post sul blog di Vele contenente tutte le informazioni, compreso il link diretto al file Pdf. Ringrazio personalmente le autrici per questo delizioso omaggio, rinnovando i complimenti per l'opera.


Trailer di Fabio Bogliotti

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