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Doctor Peter racconta / 14° episodio: Prinus e lo Gnomo del rosmarino

Gli episodi di questa serie sono autoconclusivi: possono essere letti anche singolarmente, essendo collegati tra loro solo da piccoli spunti o da personaggi già presentati. L'elenco completo delle pubblicazioni si trova in fondo.


Questo racconto si può leggere benissimo singolarmente, ma per chi volesse approfondire, consiglio nell'ordine:

- "Lo Gnomo del rosmarino e gli UFO" - di Colorare la Vita (il racconto che segue è strettamente "gemellato", su gentile richiesta, alle vicende dello Gnomo del Rosmarino raccontate in quella storia);
"Prinus, la Gnoma delle ghiande" - di DOC (episodio precedente, in cui appare per la prima volta la co-protagonista).

Quella mattina, lo Gnomo del Rosmarino aprì gli occhi, si guardò attorno, e riaffondò la testa nel suo giaciglio d'erbe. Nel dormiveglia, però, realizzò che quanto aveva appena visto non apparteneva ad un sogno, benchè ne avesse tutte le caratteristiche. Si alzò di scatto e osservò nuovamente il panorama attorno a sè, incredulo. Si stropicciò gli occhi per qualche secondo: no, non erano scampoli di un sogno, quelli che stava vivendo. Ma l'assurda realtà di un luogo a lui del tutto sconosciuto.
Nella sua testolina cominciarono ad affollarsi mille domande... Cos'era accaduto durante la notte? Dove si trovava? Come mai si era risvegliato sotto dei strani funghi blu, anzichè nel suo più rassicurante balcone di casa Vele? Bisognava trovare quelle risposte, ma soprattutto la strada di casa. Acutamente, aveva però già notato come quel bosco dai colori sbagliati fosse completamente disabitato. A parte una vegetazione piuttosto fitta e anomala, non si vedeva nè sentiva ronzare una mosca. Nessuno che potesse dargli una spiegazione, un'indicazione utile. Pensò quindi che l'unica cosa da fare era prendere una direzione, la più agevole possibile, e durante il percorso incidere i tronchi degli alberi, per evitare di girare in tondo. Per questa operazione avrebbe avuto bisogno del suo piccolo coltello. Lo estrasse dal suo inseparabile tascapane, e si accorse che sulla lama vi era infilzato qualcosa...
GNOMO DEL ROSMARINO
Si trattava di una piccola foglia arrotolata con cura. Sorpreso e incuriosito, la svolse, e scoprì che riportava una sorta di mappa. Una croce, da un lato, doveva avere un significato analogo al "voi siete qui" usato dagli umani. Una serie di tratteggi, intervallati da altri segni che dovevano corrispondere ad altrettanti punti di riferimento, conduceva poi ad una seconda croce, che con tutta probabilità indicava il luogo che avrebbe dovuto raggiungere. Dall'altro lato della foglia, infine, un inquietante messaggio: «AIUTAMI. SOLO TU PUOI FARLO». La firma, in una grafia graziosa ma tremolante, era quella di Prinus, la sua amica Gnoma delle Ghiande.
Lo Gnomo del Rosmarino non perse tempo: sfruttando tutte le doti alchemiche e l'atavica saggezza che solo un esponente del piccolo popolo può vantare, prima che un insolito sole verde tramontasse, si trovava già nella zona contrassegnata dalla seconda croce. Durante il suo cammino, tutto ciò che aveva visto, toccato, annusato ed assaggiato (fece solo una pausa per rimpinzarsi di straordinarie e succose bacche rosa), lo portò alla conclusione che, per quanto ne ignorasse il motivo, si trovava su un pianeta che di terrestre non aveva nulla. O meglio, della sua vecchia Terra, rispecchiava solo le principali fattezze, ma tutto sembrava essere rivisto da un pittore surrealista e visionario.
Quella in cui era appena giunto, ad esempio, aveva tutta l'aria di una spiaggia, ma i colori non erano quelli che ci si aspetterebbe, così come la forma degli scogli: in alcuni casi apparivano geometricamente perfetti, in altri sembravano sfidare le leggi della fisica a cui siamo abituati. Su uno di questi, a foggia di cuneo con la punta conficcata nel terreno, due pennellate color argento si intersecavano a croce. Sotto i raggi del sole basso, quel simbolo restituiva un accecante bagliore.
Lo Gnomo del Rosmarino raggiunse lo scoglio, quindi gli girò attorno, scoprendo, dal lato opposto alla croce, un piccolo ingresso dalla forma regolare, con la volta ad arco. Con estrema cautela vi si accostò, e notò che non era dotato di una vera e propria porta, ma di una semplice tenda fatta di conchiglie. Si apprestava quindi a sbirciare all'interno, ma proprio in quel momento qualcuno, o qualcosa, stava per uscire. Fece appena in tempo a nascondersi dietro l'angolo, posizione che gli consentì di osservare la scena. Ma quella... Quella era Prinus. O almeno, sembrava proprio lei, anche se portava abiti più marinareschi, dall'ultima volta che l'aveva vista.
PRINUS, la Gnoma delle ghiande
- Prinus! - chiamò ad alta voce.
La creaturina sobbalzò, poi rimase a fissarlo dalla distanza per qualche istante... Quindi, con voce tremula, rispose, o meglio, domandò: - Chi... Chi sei?
- Prinus, sono io! Lo Gnomo del Rosmarino! Non mi riconosci?
La gnoma, agitata, ribattè: - No, affatto. E non so chi sia questa Prinus: il mio nome è Litus, Gnoma delle Conchiglie. Cosa vuoi? Chi ti ha mandato? Guarda che so difendermi, sai? Vattene! Stai alla larga! - Detto ciò, la piccola, che in realtà appariva piuttosto pallida e debole, fece mezzo giro su se stessa per poi accasciarsi al suolo.
Lo gnomo si precipitò in suo soccorso, assicurandosi prima di tutto che respirasse: per fortuna, sembrava solo svenuta. La prese in braccio e la portò all'interno di quella buffa struttura. La adagiò poi su quello che doveva essere il suo letto, e cominciò a guardarsi attorno. L'arredamento, seppur spartano, e le poche suppellettili, rispecchiavano tutta la dolcezza che contraddistingueva la sua gnoma preferita. Non aveva dubbi: per quanto ne dicesse, quella altri non era che la sua piccola Prinus.
C'era anche una specie di laboratorio: ad un angolo vi erano accatastate bellissime conchiglie di tutti i colori, e sul tavolo fasci di resistenti fili d'alga, che dovevano servire a confezionare i gioielli di cui i larghi cassetti del comò traboccavano.
Già dalla presenza di un singolo letto, lo gnomo aveva intuito che doveva trovarsi lì da sola. Se è vero che non è bene curiosare tra le cose altrui, è vero anche però che lo gnomo era giunto in quel luogo spinto da un'allarmante richiesta d'aiuto: così, aprendo il cassetto del comodino, trovò qualcosa che forse poteva far luce su quella intricata vicenda. Era il diario personale di Prinus, chiuso con un lucchetto che per il coltellino dell'abile gnomo non rappresentò un problema. Gli diede una scorsa veloce, soffermandosi solo alla vista di una foto che lo ritraeva, gelosamente e teneramente custodita tra quelle pagine. Da una lettura più approfondita di pochi punti chiave, lo Gnomo del Rosmarino scoprì che la gnoma si era risvegliata d'improvviso in quel luogo sconosciuto, proprio come lui, ma un mesetto addietro. Da allora, gliene erano capitate di tutti i colori.
Il disegno di un temibile GRANKY
(dal diario di Prinus)
Al suo risveglio, in piena notte, si era trovata circondata da terribili creature, dieci volte più grandi di lei, appartenenti alla razza dei Granky. Questi, col rito di una magia ignota, erano riusciti a teletrasportare la gnoma su quel pianeta, con un preciso scopo. Dotati di enormi chele, i Granky non erano in grado di maneggiare nulla di minuto: così pensarono di servirsi di lei, sfruttando la sua mirabile destrezza nella ricerca delle ghiande e le sue indiscusse doti artistiche nella composizione di graziosi monili.
La costrinsero a bere un intruglio, capace di annullare la sua memoria e di assoggettarla al loro volere. Le fecero credere di essere la Gnoma delle Conchiglie, e le dissero che l'unico modo di sopravvivere in quel luogo era avvalersi della loro protezione. In cambio, avrebbe dovuto lavorare tutto il giorno per confezionare bigiotteria destinata ad adornare i loro brutti e viscidi corpi.
I Granky erano un popolo notturno, il loro organismo rigettava la luce, così di giorno lei restava da sola, ma puntualmente, a tarda sera, un gruppo di loro andava a farle visita per fornirsi di quanto di nuovo era riuscita a produrre. Se li avesse delusi, avrebbe assaggiato la forza di quelle possenti chele. 
Gli effetti dell'intruglio che le fecero bere, però, non erano del tutto costanti. Così, anche se solo per pochi minuti, ogni giorno le restituivano sporadici sprazzi di lucidità. Lei ne approfittava per aggiornare il suo diario, ma soprattutto per cercare di liberarsi da quella schiavitù, facendo tesoro di qualsiasi elemento potesse tornargli utile.
Una mattina, all'alba, riuscì finalmente a ripetere lo stesso rito magico che i Granky avevano usato contro di lei: ma il suo obiettivo, era chiamare in soccorso lo Gnomo del Rosmarino. Che apparve, dolcemente appisolato, davanti ai suoi occhi colmi di gioia. Prinus, prima che gli influssi dell'intruglio tornassero ad avere la meglio su di lei, infilò la mappa nel suo borsello, gli diede un bacio e tornò di corsa al lavoro nel laboratorio. In un secondo momento, si occupò di dipingere una bella croce d'argento sul lato più visibile della sua "prigione", e fece appena in tempo ad aggiornare il diario, perchè subito dopo sentì nuovamente formicolare tutto il corpo: sintomo del ritorno di Litus, il suo alter ego addomesticato alla lavorazione delle conchiglie.
Il resto è storia più recente, ovvero sulle pagine del diario che seguivano non c'era scritto altro. A questo punto, allo gnomo non restava molto tempo: non aveva alcuna intenzione di fare conoscenza con i terribili Granky. Avrebbe potuto risvegliare Prinus con qualche goccia del formidabile Guaribulf che portava sempre con sè, ma sarebbe stato un errore: questa, non riconoscendolo, sarebbe senz'altro fuggita da lui. Così si concentrò su una possibile soluzione alternativa: doveva esserci un modo per fare ritorno alla Terra, non poteva rischiare di fare la stessa fine della vittima che era andato a salvare.
- Il rito magico! - esclamò d'un tratto lo gnomo. Forse c'era un modo di farlo funzionare all'inverso, ovvero riportare lui e la gnoma esattamente da dove erano venuti. Bisognava tentare. Lo Gnomo del Rosmarino seguì in fretta le complicate procedure descritte nel diario di Prinus, ma esattamente al contrario, così come al contrario avrebbe pronunciato la formula che avrebbe scatenato l'incantesimo. Il tempo ora incalzava, non poteva più dedicare la necessaria precisione al rituale: uno stuolo di ombre minacciose aveva già fatto capolino dal bosco, e in meno di due minuti li avrebbe raggiunti. Così, senza completare il disegno di conchiglie che stava disponendo sulla rena, corse dentro a prendere Prinus, e tornò al centro di quel simbolo magico che poteva salvarli. Pronunciata la formula, lo gnomo e la piccola Prinus, addormentata tra le sue braccia, scomparvero sotto gli occhi furibondi di un enorme Granky.


Epilogo

Qualcosa, evidentemente, non andò per il verso giusto, nel funzionamento del rito magico. La sua imperfezione, probabilmente, ne aveva compromesso l'esito. I nostri amici non si ritrovarono affatto sul pianeta Terra, come lo gnomo aveva sperato, ma ricomparvero in un luogo lugubre e desolato, senza colori, proprio come in un vecchio film in bianco e nero. Di fantascienza, a quanto pare: quel pianeta era infatti popolato da piccole creature verdi che si spostavano su veloci veicoli volanti di forma circolare.

Il disco volante pilotato dallo Gnomo del rosmarino,
e rovinosamente atterrato nel giardino di Mistero UFO
Questo è quanto lo Gnomo del Rosmarino ha raccontato a Prinus, prima di perdere la memoria in seguito al brusco atterraggio sulla Terra (vedi "Lo Gnomo del rosmarino e gli UFO"). Prinus, a sua volta, lo ha riferito a me, per questo ho potuto rendervene conto.
Come da lì poi abbiano fatto rientro a casa, però, rimane un piccolo mistero, perchè Prinus non ricorda nulla di ciò che accadde dal suo risveglio sul pianeta ignoto fino al ritorno sulla Terra. Non mi resta che fare affidamento sull'amica Vele: forse solo lei è in grado di Colorare la Vita di questa vicenda sospesa nel bianco e nero. Ma ora che ci penso... c'è anche un'altra possibilità. La "scatola nera", ovvero il computer di bordo del disco volante con cui hanno viaggiato, potrebbe contenere informazioni preziose per il finale della storia...
In questo caso, l'unico in grado di svelarne il seguito è Mistero UFO: quel veicolo spaziale dovrebbe trovarsi ancora nel suo giardino.
Comunque andrà a finire, è stato piacevolissimo contribuire agli sviluppi di questa bizzarra avventura. Ringrazio i simpatici blogger che finora vi hanno partecipato. Una menzione speciale, ovviamente, va al nostro impavido eroe, lo Gnomo del rosmarino.

1945/2012: Giorno della Memoria


Shoah? Non posso testimoniare. Sono tra i "fortunati" che non si trovano in quella drammatica posizione. Soprattutto sono vivo. Ma il compiacimento, se così si può definire,  mi si incastra in gola: come una Sacra Sindone, riporta tutti i segni delle umane sofferenze da cui deriva.
Se di questa bilancia condivido il piatto più alto, è solo perchè quello opposto si è inabissato, spingendosi fino alla negazione del concetto di vita stesso.
Da un simile oblìo, nessuno può uscire vittorioso. Nè chi c'era, nè chi non c'era.
A differenza di quel passato, però, oggi sappiamo a quali rischi siamo esposti. Ed abbiamo un'arma in più, per scongiurarli: proprio quelle testimonianze, quelle urla di dolore che abbiamo ereditato e che abbiamo il dovere di trasmettere ai nostri figli, non prima di averne fatto tesoro noi stessi. Diversamente da allora, inoltre, abbiamo tutta la potenza dei mezzi di espressione e comunicazione offerti dalla moderna tecnologia: quale migliore modo per usufruirne, se non quello di dare un senso a quella orribile pagina di Storia? Pagina che, non dimentichiamolo, appartiene ad un libro che stiamo ancora scrivendo. Pagina di cui, come dicevo, non posso testimoniare.
Ma c'è qualcosa che posso, devo, e voglio fare:

 ascoltare... 

Liliana Segre, dal docufilm "Volevo solo vivere"


 leggere... 

Primo Levi, da "Se questo è un uomo"

«(...) La Borsa è attivissima sempre. Benché ogni scambio (anzi, ogni forma di possesso) sia esplicitamente proibito, e benché frequenti rastrellamenti di Kapos o Blockälteste travolgano a intervalli in un'unica fuga mercanti, clienti e curiosi, tuttavia, nell'angolo nord-est del Lager (significativamente, l'angolo più lontano delle baracche delle SS), non appena le squadre sono rientrate dal lavoro, siede in permanenza un assembramento tumultuoso, all'aperto d'estate, dentro un lavatoio d'inverno.
Qui si aggirano a decine, colle labbra socchiuse e gli occhi rilucenti, i disperati della fame, che un istinto fallace spinge colà dove le mercanzie esibite rendono più acre il rodimento dello stomaco, e più assidua la salivazione. Sono muniti, nel migliore dei casi, della misera mezza razione di pane che, con sforzo doloroso, hanno risparmiato fin dal mattino, nella speranza insensata che si presenti l'occasione di un baratto vantaggioso con qualche ingenuo, ignaro delle quotazioni del momento. Alcuni di questi, con selvaggia pazienza, acquistano colla mezza razione un litro di zuppa, che, appartatisi, sottopongono alla metodica estrazione dei pochi pezzi di patata giacenti sul fondo; ciò fatto, la riscambiano con pane, e il pane con un nuovo litro da denaturare, e questo fino a esaurimento dei nervi, o fino a che qualche danneggiato, coltili sul fatto, non infligga loro una severa lezione, esponendoli alla derisione pubblica.
Alla stessa specie appartengono coloro che vengono in Borsa a vendere la loro unica camicia; essi ben sanno quello che accadrà, alla prossima occasione, quando il Kapo constaterà che sono nudi sotto la giacca. Il Kapo chiederà loro che cosa hanno fatto della camicia; è una pura domanda retorica, una formalità utile soltanto per entrare in argomento. Loro risponderanno che la camicia è stata rubata nel lavatoio; anche questa risposta è di prammatica, e non pretende di essere creduta; infatti anche le pietre del Lager sanno che, novantanove volte su cento, chi non ha camicia se la è venduta per fame, e che del resto della propria camicia si è responsabili, perché essa appartiene al Lager. Allora il Kapo li percuoterà, verrà loro assegnata un'altra camicia, e presto o tardi ricominceranno. (...)»

 vedere... 



"Corpi di prigionieri affamati che sono stati trasportati a Dachau da un altro campo di concentramento, si trovano grottescamente come sono morti durante il viaggio. Questo è il contenuto di uno dei 50 vagoni merci simili". Germania, 30 aprile 1945

 ...sforzarmi di capire. 


E diffondere, per mantenerne viva la memoria.


DOC

Il meraviglioso mondo degli Alex


C'era un Volta...

VOLTA
...Alessandro, i meno giovani lo ricorderanno. Alla fine del secondo millennio, il suo santino era il più agognato da tutti i portafogli. Era talmente ricercato che c'era chi era disposto a venderti la camicia, pur di accaparrarsene uno, e in alcuni locali alla buona ti offrivano persino la cena, in cambio di quel biglietto. All'epoca era quotato fino a diecimila lire, che non valevano certo i miseri cinque euro di oggi. Ma perchè la sua icona era così venerata, al punto di surclassare quella di Padre Pio?
Si racconta che Alessandro avesse il problema di non riuscire mai ad accontentare il nipotino, nel giorno di Natale: questi rifiutava sempre i suoi regali, sbraitando come un ossesso e prendendolo a morsi. Finchè una volta, Volta gli regalò un trenino con le pile incluse: il bimbo, stufo dei soliti giocattoli cinesi a celle solari, quando lo vide fece salti di gioia, elettrizzato. Da allora l'effige dello zio divenne simbolo di assoluta genialità.
MANZONI
Negli anni a cavallo a dondolo tra il Sette e l'Ottocento, prima che il genio morisse, un suo omonimo, tale Manzoni, pensò di rubargli l'identità per poter godere di altrettanta considerazione. Non gli fu difficile, almeno inizialmente, perchè si somigliavano come due gocce d'acqua. Ma per quanto si impegnasse, con la corrente elettrica proprio non ci sapeva fare. Fu così che, una scossa oggi, una domani, dal suo intelletto duramente provato scoccò la scintilla di una nuova corrente: il Romanticismo. La telenovela de "I promessi sposi" fu un vero e proprio successo, superato solo nel secolo seguente da "Uccelli di rovo", libro e fiction televisiva. Se Volta era riuscito ad inquietare l'animo umano con la paura del buio, Manzoni aveva svelato al mondo che il matrimonio poteva essere ancora più orribile.
LE MITICHE 10.000 LIRE
L'opera fu osannata dagli azzeccagarbugli di tutto il pianeta, a cui si rivolsero milioni di coppie in crisi con tanto di santini alla mano; tutt'altra fama ebbe invece tra gli studenti posteri, che se avessero potuto lo avrebbero annegato senza pietà in quel ramo del lago di Como.
Stesso luogo in cui, peraltro, nel 1928 sorse un tempio dedicato a Volta, a sua volta poi riportato sul retro delle banconote da 10.000 lire. 
Ma permettetemi un piccolo salto nel tempo: duemila anni prima del Manzo, il Magno, che sempre Alessandro era, seppe far parlare di sè.
MAGNO
Da un Tg dell'epoca: «Medioriente. Nei territori della Striscia di Gaza i raid aerei dell'esercito israeliano nulla hanno potuto contro le catapulte di Alessandro Magno. Il condottiero, che ha festeggiato tutta la notte assieme ai suoi, è ora ricoverato al Fateberefratelli in seguito ad un malore che lo ha colto all'alba. La prognosi è riservata, ma alcune indiscrezioni parlerebbero di problemi al fegato»Eh, sì. Pare che il nostro eroe amasse ingollare interi fiaschi di vino, tant'è che morì di cirrosi nel 323 a.C. Fosse stato d.C., avrebbe saputo che bisogna limitarsi a un solo calice, accompagnando il vino con un pezzo di pane, o almeno un'ostia.
E a proposito di religione, come non ricordare Alessandro VI, il papa più papà di tutti? Vissuto nel 1400, ebbe un sacco di figli: Cesare, Giovanni, Lucrezia e Goffredo Borgia con la Vannozza Cattanei; Pedro Luìs, Girolama e Isabel Borgia di madre ignota; anche una certa Laura Orsini sembra fosse di sua produzione, ma su questo aleggia ancora il mistero. Osservando il suo ritratto nella tela di Cristofano dell'Altissimo, appare chiaro però come non fosse certo la sua avvenenza fisica, a scatenare tanta libidine da parte delle dame dell'epoca... Quella veste color rosso promiscuità, con tanto di potere annesso, pare funzionasse meglio di qualsiasi dopobarba.


DEL PIERO
Arrivando infine ai tempi moderni... Ma... vedo che vi siete addormentati! Proprio adesso che stavo per parlarvi di Alessandro il Grande, ovvero Del Piero, idolo dei maschietti bianconeri quanto delle veline fintobionde. Vabbè, giusto per concludere ve lo dico lo stesso: in questo momento, il grande Alex, con la sua squadra, è campione d'inverno. Non so se lui e i suoi prodi riusciranno a conquistare il loro 30° Scudetto, certo è che vivranno per sempre danarosi e contenti.

DOC

Click & clock da Mamma DOC
















Everybody wants to save the world,
but nobody wants to help mom with the dishes.

Tutti vogliono salvare il pianeta,
ma nessuno vuole aiutare la mamma a lavare i piatti.

Patrick Jake O'Rourke

Foto DOC

Quel flash su Yggdrasil



Un lieve chiarore appena abbozzato annunciava l'alba di un frizzante sabato marzolino, mentre un filo di fumo che s'innalzava oltre le cime di un folto bosco di abeti lo tagliava a metà, mescolandosi ai pastelli di un cielo terso e meraviglioso. Se non fosse stato per il camino, nessuno avrebbe mai immaginato che quella macchia di conifere potesse nascondere un piccolo chalet, sfuggito alle mode del turismo di massa.
Il suo proprietario, da quella landa sperduta del Canton Vallese, era andato a cercare fortuna negli States. E l'aveva trovata. Non aveva voluto venderlo però, lo chalet ereditato dal padre. Lo aveva affittato a buon prezzo a Paul, fidato compagno di scuola. E per Paul lo chalet in mezzo al bosco era il rifugio segreto, la coperta di Linus che lo avvolgeva, nei giorni in cui la sua professione di fotoreporter gli lasciava libere la mano destra, le gambe e la testa.
I primi raggi di sole, dalla finestra minuta della mansarda, lo destarono con un delicato buongiorno. Dopo la colazione - cappuccino fumante e pane imburrato con la conserva di lamponi che aveva il sapore della sua infanzia - Paul scese nello studio al pianterreno, ravvivò il fuoco con nuova legna, quindi sedette sulla poltrona azzurra posizionata accanto al camino.
Cominciò a scorrere con lo sguardo i titoli dei vecchi volumi contenuti nella libreria sulla parete di fronte, che un tempo appartenevano al padre del suo affittuario. Tra "Strategie per uno stambecco" e "Ungulati e ululati" (che il vecchio padrone di casa fosse un bracconiere lo si intuiva già da una rapida occhiata alle pareti, pesantemente adornate dai trofei conquistati), un libro con la costola in pelle nera e la stampa a caldo dorata stimolò, all’improvviso, la sua curiosità. Che strano... non ricordava di averlo mai notato, prima di allora. I caratteri, in stile gotico, formavano la parola "YGGDRASIL".
- Che accidenti vorrà dire, questa parola? - Ma il suo zigzag mentale fu bruscamente interrotto dallo squillo del cellulare, il filo rosso tra il rifugio e l'al-di-là. A chiamarlo, Melissa, la segretaria dell'agenzia per cui lavorava: - Il capo ti vuole. C'è un servizio da coprire, in Norvegia. Martedì dovresti già essere lì. Ti prenoto il biglietto sul volo di lunedì?
- La Norvegia... Yggdrasil... forse sto ancora sognando - meditava tra sè e sè Paul, mentre rispondeva con un sì distratto a Melissa e accarezzava la copertina del libro.
Da quel momento fino al suo arrivo a destinazione, la bizzarra coincidenza in cui si era imbattuto continuò a ronzare nella sua mente. Sì, perchè quel tomo antico, quasi depositario di una scrittura misteriosa e segreta, pare provenisse proprio dalla zona in cui era appena atterrato. Tra le strane illustrazioni del libro, che proponevano un mondo alternativo e leggendario, ricorreva la rappresentazione di un rigoglioso, imponente albero. Paul aveva fatto alcune ricerche in Internet, nella preziosa Wikipedia, e aveva scoperto che Yggdrasil era proprio il nome di un albero della mitologia diffusa nelle regioni nordiche.
Ad alimentare le sue perplessità, la deludente risposta che aveva ricevuto dal caporedattore il giorno prima. Quando dalla baita lo aveva contattato per conoscere i dettagli del suo nuovo incarico, ogni possibilità di trovare un nesso logico tra i due eventi fu spazzata via da un breve giro di parole: «Per i dettagli ci sarà tempo, piuttosto spero che sarai nella tua forma migliore...»
Ora si trovava nella jeep che gli era stata messa a disposizione, e anche James, l'autista, non si sbottonò più di tanto. Mentre si immetteva in un impervio sentiero di montagna, James si limitò a comunicargli che, per assoluta riservatezza, neanche a lui era stata resa nota la località che avrebbero raggiunto: le coordinate erano state programmate sul ricevitore satellitare dell'auto, e lui non doveva fare altro che seguirne le indicazioni.
Intanto Paul aveva già esaurito la prima schedina di memoria della sua fotocamera: le immagini offerte dal panorama erano di una bellezza rara e disarmante, quasi ultraterrena, e lui non poteva certo lasciarsele sfuggire. Ma non fece in tempo ad inserire la nuova memory card che improvvisamente la jeep fece una brusca frenata. - Che splendida nidiata di lemming! - esclamò James, affascinato e stupito, e aggiunse: - Che io sappia dovrebbero vivere più a nord, queste bestiole.
Ricaricata la fotocamera, Paul si mise subito all'opera per immortalare quei buffi esemplari dal tenero musetto. Intanto pensava che gli sarebbe piaciuto incontrare anche un piccolo cerbiatto, una sorta di Bambi, accudito però da una madre che non fosse stata uccisa dai cacciatori. Quel cartone da bambino lo aveva fatto piangere, e gli era rimasto impresso nella memoria, perchè anche sua madre se ne era andata quando lui era ancora un cucciolo di uomo: portata via dal cacciatore cattivo che i grandi chiamavano malattia. Un evento che aveva reso suo padre estremamente premuroso e accogliente nei suoi confronti, e in più lo aveva indotto ad appendere il fucile al chiodo una volta per sempre.
Da ragazzo, dopo il liceo, Paul aveva cominciato a fotografare di tutto, quasi a voler fissare la vita, che sentiva inesorabilmente scivolare tra le sue dita. Una vera e propria mania, che lo aveva portato ad eccellere al punto di entrare a far parte della redazione di uno dei settimanali europei più rinomati. Un po’ dipendente, e molto free-lance. Che era poi come Paul avrebbe voluto viverla, quella sua vita.
A distoglierlo dal girovogare intimo dei suoi pensieri, una nuova telefonata di Melissa, che finalmente gli comunicò la meta definitiva: Hamar, a nord-est di Oslo. Una volta giunto a destinazione, avrebbe dovuto incontrare un tale di nome Markus. Era stato proprio quell'uomo, pochi giorni addietro, a contattare la redazione promettendo «uno scoop senza precedenti».
Mezzogiorno di un mercoledì dal cielo plumbeo, omogeneo, solo a tratti interrotto da coraggiosi fasci di morbida luce solare. Un viaggio lungo ed estenuante, con la sola pausa notturna di un breve riposo, aveva condotto Paul in un vecchia pensione di Hamar.
Seduto a un tavolino, sorseggiando lentamente una birra, ascoltava ora le rivelazioni di Markus, quasi due metri di pelle chiara e occhi cerulei, con un naso così pronunciato che pareva chiedere scusa per la sua presenza... L'uomo asserì di aver scoperto il luogo ove sorgeva un maestoso albero che sembrava proprio quello di cui narrava la leggenda: a suo dire, Yggdrasil esisteva davvero, e si trovava poco fuori da quella cittadina, in un terreno in cui, a causa delle falde acquifere che ne compromettevano la stabilità, nessun essere umano aveva messo piede da chissà quanto tempo. E non era da escludere che fosse rimasto da sempre quasi del tutto inesplorato.
James tornò alla guida del fuoristrada. Adesso, Paul e Markus, seduti sui sedili posteriori, si scambiavano informazioni e impressioni riguardo allo scopo di quella spedizione. Oltre la periferia cittadina, la strada costeggiava una zona caratterizzata da vetusti capannoni industriali da un lato, ed enormi cataste di maleodoranti rifiuti, per quella che aveva tutto l'aspetto di una discarica, dall'altro. Nuove immagini per la fotocamera di Paul, anche se di carattere decisamente meno gradevole di quelle impresse fino a poche ore prima. Abbandonarono poi la strada principale per una deviazione che a breve li avrebbe portati... sull'orlo di un precipizio. La strada non era mai stata completata, così, su esortazione di Markus, scesero dall'automezzo e si avvicinarono a piedi al ciglio di quell'altopiano. La distesa di una vaporosa laguna, selvaggia ed inquietante, si srotolava davanti a loro, suscitando un profondo, imbarazzato disagio. James porse il binocolo a Markus, e questi a Paul, sollevando il braccio verso ovest e puntando con l'indice la direzione precisa che avrebbe dovuto scrutare. Nonostante la scarsa visibilità gli impedisse una visione accurata, Paul riuscì a mettere a fuoco qualcosa che si distingueva dal resto della vegetazione per la sua formidabile altezza, ma ancor più per la sagoma spaventosamente innaturale: i rami erano fittamente intrecciati, quasi in un amplesso doloroso e costretto, ed erano smisuratamente robusti, molto più grandi del tronco, già di per sè esagerato.
Quel possente vegetale meritava di essere avvicinato e di essere consolato per la sua evidente diversità, ma nessuno dei tre aveva il coraggio di avventurarsi in un ambiente tanto ostile.
La strana creatura andava però osservata da vicino. E fotografata. Bisognava inoltre trovare una spiegazione per quelle fronde, incredibilmente enormi e aggrovigliate. Paul pensò bene che l'unico modo di avvicinarsi all'Yggradsil era dall’alto: decise quindi di chiedere un intervento di supporto al suo capo, non poteva certo rischiare che qualcuno gli sottraesse l'esclusiva.
Tornarono alla jeep, e mentre Paul telefonava, gli altri due sigillarono l'abitacolo per via di un pungente odoraccio che ricordava il petrolio.
Tre ore dopo, uno stormo di cormorani dal piumaggio eccessivamente nerastro, si alzò in volo, disturbato dall'avvicinamento di un elicottero. - Arrivano i nostri! - esordì Markus, svegliando gli altri due, che si erano concessi una pennichella. James rimase nella jeep, mentre Paul e Markus, a bordo del nuovo mezzo, ebbero modo di sorvolare l'alta cima del misterioso arbusto. Rick, un giovane ricercatore che si era unito al gruppo, si occupò di calare delle sonde per prelevare alcuni campioni da poter analizzare.
La fotocamera di Paul era rovente...  Adesso aveva il coraggio di confessarlo a se stesso: era stufo di fotografare sfilate di moda e l’amore segreto tra un calciatore e la cantante irlandese. Finalmente sentiva che quegli scatti avevano un senso, oltre che per se stesso, anche per un’altra abbondante fetta di mondo. Sentive scorrere l’adrenalina nelle sue vene, un po’ come quando, da bambino, giocava col fuoco di nascosto dalla madre o mischiava insieme tutte le polverine che trovava in cucina, paventando anche una qualche esplosione...
Il mercoledì successivo, tra il disordine ordinato di una scrivania d'ufficio, nell'angolo in basso a destra del display di un notebook lampeggiava un'icona busta-da-lettera.
Paul, di ritorno dalla pausa caffè, vi cliccò sopra, meccanicamente. Mary, collega dell'ufficio smistamenti, gli aveva inoltrato i risultati che attendeva. Man mano che li scorreva con la rotellina del mouse, i tasselli fuoriposto riguardo al caso Yggdrasil trovavano una precisa collocazione, completando un quadro tanto inaspettato quanto coerente... Nell'edizione del venerdì successivo, la copertina del giornale mostrava una foto ravvicinata del presunto albero sacro, titolandola: «Hamar, la ragione smarrita». All'interno un curato dossier, corredato dagli scatti di Paul più eloquenti di qualsiasi discorso, svelava lo scandalo di un inquinamento che aveva oltrepassato ogni limite: l'intera laguna era interessata da un disastro ambientale di vaste proporzioni. L’aberrazione del gigante verde ne era una diretta conseguenza. Flora e fauna di quella zona, negli ultimi decenni, avevano subìto significative mutazioni, a causa dei prodotti chimici riversati nella valle dalle condutture del complesso industriale "Hydrasil", multinazionale leader nella produzione di protesi al silicone.
Nelle settimane seguenti, Paul seguì con estremo interesse gli sviluppi dell'inchiesta, finchè, raggiante di soddisfazione, accolse la notizia che i responsabili di quello scempio erano stati condannati senza attenuanti. Per rimediare ai danni, la Corte di Giustizia aveva disposto che i titolari dell'Hydrasil potevano espiare l'insostenibile multa e la pesante penale emesse a loro carico, attraverso la messa in regola degli stabilimenti e la bonifica dell'intero territorio. Sei anni dopo, la laguna di Hamar, divenuta area protetta, ospitava frotte di turisti in un meraviglioso parco naturale, la cui principale attrazione era l'albero più grande del mondo: un esemplare che finalmente poteva godere di cure costanti e premurose, a cui rispondeva con spettacolari fioriture di ringraziamento.
Il sabato successivo alla pubblicazione del dossier, Paul è nuovamente seduto sulla sua poltrona azzurra, accanto al caminetto, nel rifugio nascosto tra gli abeti. La sera prima il capo gli aveva comunicato un rinnovo del contratto associato ad una promozione. E c’era stata una telefonata speciale, tra lui e Mary... Chissà, forse per lei avrebbe smesso la sua veste consueta di lupo solitario.
Ora, persino la sua antica solitudine gli pareva più dolce - Mami, vedi che ce l’ho fatta? Spero che da qualche landa sperduta dell’universo tu possa guardarmi, e sorridere fiera di me.
Distrattamente, riprese in mano "YGGDRASIL"... Ma che strana, quell’ultima figura: ritraeva un individuo dal naso importante al cospetto di un grosso albero sorridente. Con due rami più robusti, Yggdrasil sembrava proprio abbracciare un uomo dai lunghi capelli. Un uomo del tutto simile a lui.

DOC & Maria D'Asaro

Ula hoop



Oh, libellula su gialla calendula! La mia voce tremula per te un canto modula.

Notte da Dracula, vola una gracula, lupus in fabula deambula e ulula. Nella nebula che ondula, Luna splende incredula su tabula che di stelle pullula.
E tu, nottambula, svolazzi sonnambula di campanula in primula. Sul ramo che bascula, una voce stridula: Civetta Petula, querula, confabula. Chiacchiere specula fumando una cannula, poi stipula una schedula con tanto di postula. E invidia dissimula, si congratula per l'ala sì cerula sulla tua scapula.
Nel frattempo, Zanza inocula formula acidula in un uomo che eiacula (senza capsula) in ventre che ovula... Il figlio Prurito la maledirà.
Oh! Su rotula sei ora pendula, di quest'uomo che affabula fuori dall'aula, e indegno simula, il poeta emula. Ma ahimè, ciò non esula dall'ora che s'accumula, come del cavallo incede l'ungula.

Buona giornata, mia piccola cellula in terra insula, libellula sicula.


DOC

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