Marmocchio, il burattino di carne
C'era una volta un bel bambino di nome Marmocchio che aveva un grande desiderio: voleva diventare un burattino come tutti gli altri. Allora si rivolse alla Fata Turchina e le chiese: «Fata, fatina mia, mi compri la Pleistèscion?». E lei: «Hai fatto i compiti caro?». Lui: «Certo che sì, fatina». Ma quella era una grossa bugia, cosìcchè all'improvviso il suo naso cominciò... stava... sarebbe... rimasto normale. Allora la fatina disse: «Anche se sono sempre in giro e non posso accertarmi di ciò che fai, sono sicura che stai dicendo la verità. E quale fatina non comprerebbe la PS3 al suo Marmocchio così bravo?». Detto, fatto. Prese il SUV, ed in un battibaleno lo portò nel magico mondo di MediaWorld.
Quando tornarono a casa, lui non stava nella pelle: c'era proprio tutto, consolle, cavi, joystick, telecomando, "fancool thermo nitho" (si chiama proprio così), pedali, sterzo, chitarra... Insomma, tutti gli ammennicoli possibili ed immaginabili. Ma per realizzare il suo sogno dovette tornare più e più volte dalla fatina, che lo dotò di ipod, iphone, phon, pc, wii, wc, gps, abs e trazione integrale fino a trasformarlo nel più vero burattino dell'era moderna.

Passarono gli anni, e accadde che suo nonno, quando morì, gli lasciò un libro. Si trattava del suo primo libro di fiabe, ormai quasi ammuffito, che aveva conservato per tutti quegli anni. Lui aprì il libro, lesse la dedica del nonno sulla prima pagina, e lo richiuse. Prese il telefonino, e mandò un sms alla sua ex: «Amò CVD Gpptt nn ma lasc 1E. -male k c6 tu k lavò. Cvd x axitivo. Tvtb». (Traduzione: «Cara, come volevasi dimostrare Geppetto non mi ha lasciato un Euro. Meno male che ci sei tu che lavori. Ci vediamo dopo per l'aperitivo. Ti voglio tanto bene»).
Quindi, annoiato, si stravaccò sul divano. Sotto la schiena qualcosa gli stava dando fastidio. Era quell'odioso libro. «Cosa ci avrà trovato quel vecchio balordo in questo mucchio di scemenze da conservarselo per così tanto tempo?» si chiese. La curiosità lo spinse ad avventurarsi nella lettura. Poco dopo si accorse che gli stava facendo uno strano effetto...
Quella era la prima volta che leggeva una favola, e anche se non riusciva a comprendere alcuni vocaboli, così lontani dal suo linguaggio e dalla sua cultura, dovettere ammettere a se stesso che la cosa non era affatto spiacevole. Si lasciò prendere così tanto che lo divorò tutto d'un fiato. Giunto alla fine, chiuse il libro, se lo poggiò al petto e... «Rispondi Marmocchio, io sono il Ranocchio. Rispondi Marmocchio, io sono il Ranocchio. Rispondi...». Era la suoneria del suo cellulare. «Sì? Si, scusa, non m'ero accorto dell'orario. No, stavo ciattando con l'Umberto. Si, no. Sto bene. Mi senti strano? Spostati che lì non prende. Ci sei? Ok. M'infilo i gins e scendo».
Scese. Andò a trovare la ex al bar, discussero di tutto, tranne che del libro. A dire il vero, non avrebbe mai osato parlarne a nessuno. Chissà che vergogna, se avesse rivelato a qualcuno che, anche se solo per un paio d'ore, quel giorno era tornato bambino.
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