Ammar e il drago


«Ne sta arrivando un altro!»
Il rumore del loro lento incedere era inconfondibile, e in profondità arrivava anche prima, amplificato e accompagnato da fastidiose vibrazioni. Quando si avvicinavano, le pareti tremavano sempre più, e il piccolo Ammar metteva la testa tra le ginocchia, coprendola con le mani finchè non fossero passati. A volte si fermavano pochi metri sopra di lui, come se avessero fiutato qualcosa; poi, solitamente, riprendevano il cammino quasi subito, ma la sosta poteva durare anche diverse ore. In quei momenti, al gelo e al buio del rifugio si univa un silenzio assoluto, ed era come smettere di esistere.
Sotto terra i draghi non potevano arrivare, avevano detto i grandi ad Ammar e ai suoi compagni di sventura: bastava non farsi sentire, perchè se li avessero scovati sarebbe stata la fine.
Con i draghi volanti, invece, bisognava solo aver fortuna. Sebbene il rifugio non potesse essere individuato dall'alto, c'era sempre il rischio di essere raggiunti da una palla di fuoco; durante il volo i draghi ne scagliavano a decine, con spietata crudeltà, sui villaggi sottostanti. Una pratica devastante che Ammar conosceva bene: era stato proprio un drago volante, pochi mesi addietro, a distruggere la sua casa e a cancellare, in un attimo e per sempre, la sua famiglia.

«Ci hanno trovato! State zitti, non dite e non fate niente. Forse ci lasceranno in pace...»
Gli uomini del drago erano lì, dietro la porta. Poco dopo le loro sagome bitorzolute irruppero nel rifugio, sostituendosi all'oscurità. Questa volta Ammar guardò la scena con occhi pieni, imbambolato. Del suo frammisto di immagini e pensieri approfittò un uomo, che gli tese la mano parlandogli amorevolmente. Lo prese in braccio e lo portò fuori, senza però rispondere alle sue domande. Quando gli occhi si abituarono alla luce, Ammar si rese conto di trovarsi proprio di fronte al drago. Tentò istintivamente di fuggire, ma l'uomo lo fermò e lo trattenne con forza, spiegandogli che non c'era nulla da temere. Altri sorridevano, mentre l'uomo si adoperava per mettere il bambino a cavallo del drago. Ammar guardò ancora una volta la porta del rifugio: da quella nuova posizione avrebbe voluto dire ai suoi compagni di uscire, e di non avere più paura... Ma non ne era del tutto convinto, e soprattutto non ne ebbe il tempo. Il drago cominciò ad avanzare, con il consueto passo fiacco e importante, e quell'inatteso diversivo gli solleticò i sensi, ridestando in lui un'assopita voglia di giocare.

Al tramonto, il noioso viaggio tra le rovine del paese dei draghi aveva spento nuovamente l'umore del bambino, che ora stava per crollare dal sonno. Nel dormiveglia percepì alcune urla provenienti dalla pancia del drago, a cui seguì un boato assordante che ruppe il senso di ogni cosa. Fiamme e fumo nero per un istante, troppo breve per una vita. Quando Ammar riaprì gli occhi, il fumo aveva preso il colore delle nuvole, e anche il drago non era più lo stesso: era celeste, con le ali bianche, come quelli disegnati nel libro di religione.

DOC


Racconto ispirato da una cruda realtà:

«Gli scontri tra l'esercito del regime e le forze ribelli hanno gettato il paese nel caos, e la popolazione civile è scossa e impaurita. I bambini della Siria - che qualcuno ha definito "generazione perduta" per via della carenza degli aiuti internazionali - sono diventati le prime vittime della violenza che attanaglia il paese». (www.nationalgeographic.it - 16 aprile 2013)

«L'artiglieria del regime ha martellato venerdì la città di Hula e raso al suolo interi quartieri, poi le forze speciali sono passate casa per casa per "finire il lavoro", con la consueta brutalità». (www.ilsole24ore.com - 27 maggio 2012)

«Khalid di 15 anni ha raccontato: “La cosa buffa è che per torturarci ci hanno rinchiuso nella nostra vecchia scuola. Per due giorni ci hanno costretto a stare in piedi, senza mangiare nè bere. Penso fossimo in cento. Poi mi hanno preso e appeso al soffitto per i polsi e hanno iniziato a picchiarmi. Mi hanno spento le sigarette sul corpo, ecco guardate i segni. Ad altri hanno dato le scosse elettriche. In alcuni casi usano i bambini per avanzare nei villaggi, usandoli come scudi umani”». (www.ilreferendum.it - 13 marzo 2013)

Commenti

curlydevil ha detto…
Buongiorno DOC, che avventura! Vorrei anche io cavalcare un drago per un giorno.
Veronica Mondelli ha detto…
DOC, è struggente. Sono commossa. Non ho parole.
Mari da solcare ha detto…
Complimenti per aver coniugato in modo così efficace gli orrendi "draghi" siriani con quelli celesti e fiabeschi. D'accordo con Veronica: il post è struggente e ci dona una splendida tristezza. Ma è una tristezza necessaria, che ci rende più umani. Perchè consapevoli - almeno per un istante - della sofferenza assurda di tanti bambini.
Grazie. Un abbraccio.
Gnomo del rosmarino ha detto…
Una storia dolceamara che ci riporta alle crudeli fiabe del presente. Qualche lacrima di gnomo si è sparsa sul tuo blog.
Buona serata, amico Doc.
Pippicalzelunghe ha detto…
Storie così tristi sono raccontante ormai dai nostri nonni, gli anni di guerra che i nostri avi hanno subito si sono persi nella memoria...le guerre che ci sono nel mondo non ci appartengono, forse tanti non sanno neanche che esistono tanto sono lontane, chi se ne frega!!! Contro i popoli in guerra non si può fare nulla, ma essere coscienti che ci sono terre bagnate di sangue corpi straziati dalla bestialità di atri uomini bisogna saperlo. La terra piange, noi no. Abbiamo avuto la grande fortuna di non vedere questi orrori, di vivere in un paese bellissimo e non ce ne rendiamo conto. Alì Babbà è arrivato, l'avidità ha spazzato via la memoria, che tristezza!!! Un abbraccio.
Alfa ha detto…
Di fronte agli orrori degli uomini i draghi sono poca cosa, purtroppo.
DOC ha detto…
Grazie a tutti, per questo bel coro solidale. Come avrete capito, i draghi che più mi spaventano sono quelli reali, capaci di orrori che neanche la più contorta delle fantasie è capace di generare. Spero che si trovi un modo per sconfiggerli, il più presto possibile.
Mari da solcare ha detto…
Dimenticavo: anche l'immagine è di una lancinante bellezza. Un abbraccio.

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