Quel flash su Yggdrasil



Un lieve chiarore appena abbozzato annunciava l'alba di un frizzante sabato marzolino, mentre un filo di fumo che s'innalzava oltre le cime di un folto bosco di abeti lo tagliava a metà, mescolandosi ai pastelli di un cielo terso e meraviglioso. Se non fosse stato per il camino, nessuno avrebbe mai immaginato che quella macchia di conifere potesse nascondere un piccolo chalet, sfuggito alle mode del turismo di massa.
Il suo proprietario, da quella landa sperduta del Canton Vallese, era andato a cercare fortuna negli States. E l'aveva trovata. Non aveva voluto venderlo però, lo chalet ereditato dal padre. Lo aveva affittato a buon prezzo a Paul, fidato compagno di scuola. E per Paul lo chalet in mezzo al bosco era il rifugio segreto, la coperta di Linus che lo avvolgeva, nei giorni in cui la sua professione di fotoreporter gli lasciava libere la mano destra, le gambe e la testa.
I primi raggi di sole, dalla finestra minuta della mansarda, lo destarono con un delicato buongiorno. Dopo la colazione - cappuccino fumante e pane imburrato con la conserva di lamponi che aveva il sapore della sua infanzia - Paul scese nello studio al pianterreno, ravvivò il fuoco con nuova legna, quindi sedette sulla poltrona azzurra posizionata accanto al camino.
Cominciò a scorrere con lo sguardo i titoli dei vecchi volumi contenuti nella libreria sulla parete di fronte, che un tempo appartenevano al padre del suo affittuario. Tra "Strategie per uno stambecco" e "Ungulati e ululati" (che il vecchio padrone di casa fosse un bracconiere lo si intuiva già da una rapida occhiata alle pareti, pesantemente adornate dai trofei conquistati), un libro con la costola in pelle nera e la stampa a caldo dorata stimolò, all’improvviso, la sua curiosità. Che strano... non ricordava di averlo mai notato, prima di allora. I caratteri, in stile gotico, formavano la parola "YGGDRASIL".
- Che accidenti vorrà dire, questa parola? - Ma il suo zigzag mentale fu bruscamente interrotto dallo squillo del cellulare, il filo rosso tra il rifugio e l'al-di-là. A chiamarlo, Melissa, la segretaria dell'agenzia per cui lavorava: - Il capo ti vuole. C'è un servizio da coprire, in Norvegia. Martedì dovresti già essere lì. Ti prenoto il biglietto sul volo di lunedì?
- La Norvegia... Yggdrasil... forse sto ancora sognando - meditava tra sè e sè Paul, mentre rispondeva con un sì distratto a Melissa e accarezzava la copertina del libro.
Da quel momento fino al suo arrivo a destinazione, la bizzarra coincidenza in cui si era imbattuto continuò a ronzare nella sua mente. Sì, perchè quel tomo antico, quasi depositario di una scrittura misteriosa e segreta, pare provenisse proprio dalla zona in cui era appena atterrato. Tra le strane illustrazioni del libro, che proponevano un mondo alternativo e leggendario, ricorreva la rappresentazione di un rigoglioso, imponente albero. Paul aveva fatto alcune ricerche in Internet, nella preziosa Wikipedia, e aveva scoperto che Yggdrasil era proprio il nome di un albero della mitologia diffusa nelle regioni nordiche.
Ad alimentare le sue perplessità, la deludente risposta che aveva ricevuto dal caporedattore il giorno prima. Quando dalla baita lo aveva contattato per conoscere i dettagli del suo nuovo incarico, ogni possibilità di trovare un nesso logico tra i due eventi fu spazzata via da un breve giro di parole: «Per i dettagli ci sarà tempo, piuttosto spero che sarai nella tua forma migliore...»
Ora si trovava nella jeep che gli era stata messa a disposizione, e anche James, l'autista, non si sbottonò più di tanto. Mentre si immetteva in un impervio sentiero di montagna, James si limitò a comunicargli che, per assoluta riservatezza, neanche a lui era stata resa nota la località che avrebbero raggiunto: le coordinate erano state programmate sul ricevitore satellitare dell'auto, e lui non doveva fare altro che seguirne le indicazioni.
Intanto Paul aveva già esaurito la prima schedina di memoria della sua fotocamera: le immagini offerte dal panorama erano di una bellezza rara e disarmante, quasi ultraterrena, e lui non poteva certo lasciarsele sfuggire. Ma non fece in tempo ad inserire la nuova memory card che improvvisamente la jeep fece una brusca frenata. - Che splendida nidiata di lemming! - esclamò James, affascinato e stupito, e aggiunse: - Che io sappia dovrebbero vivere più a nord, queste bestiole.
Ricaricata la fotocamera, Paul si mise subito all'opera per immortalare quei buffi esemplari dal tenero musetto. Intanto pensava che gli sarebbe piaciuto incontrare anche un piccolo cerbiatto, una sorta di Bambi, accudito però da una madre che non fosse stata uccisa dai cacciatori. Quel cartone da bambino lo aveva fatto piangere, e gli era rimasto impresso nella memoria, perchè anche sua madre se ne era andata quando lui era ancora un cucciolo di uomo: portata via dal cacciatore cattivo che i grandi chiamavano malattia. Un evento che aveva reso suo padre estremamente premuroso e accogliente nei suoi confronti, e in più lo aveva indotto ad appendere il fucile al chiodo una volta per sempre.
Da ragazzo, dopo il liceo, Paul aveva cominciato a fotografare di tutto, quasi a voler fissare la vita, che sentiva inesorabilmente scivolare tra le sue dita. Una vera e propria mania, che lo aveva portato ad eccellere al punto di entrare a far parte della redazione di uno dei settimanali europei più rinomati. Un po’ dipendente, e molto free-lance. Che era poi come Paul avrebbe voluto viverla, quella sua vita.
A distoglierlo dal girovogare intimo dei suoi pensieri, una nuova telefonata di Melissa, che finalmente gli comunicò la meta definitiva: Hamar, a nord-est di Oslo. Una volta giunto a destinazione, avrebbe dovuto incontrare un tale di nome Markus. Era stato proprio quell'uomo, pochi giorni addietro, a contattare la redazione promettendo «uno scoop senza precedenti».
Mezzogiorno di un mercoledì dal cielo plumbeo, omogeneo, solo a tratti interrotto da coraggiosi fasci di morbida luce solare. Un viaggio lungo ed estenuante, con la sola pausa notturna di un breve riposo, aveva condotto Paul in un vecchia pensione di Hamar.
Seduto a un tavolino, sorseggiando lentamente una birra, ascoltava ora le rivelazioni di Markus, quasi due metri di pelle chiara e occhi cerulei, con un naso così pronunciato che pareva chiedere scusa per la sua presenza... L'uomo asserì di aver scoperto il luogo ove sorgeva un maestoso albero che sembrava proprio quello di cui narrava la leggenda: a suo dire, Yggdrasil esisteva davvero, e si trovava poco fuori da quella cittadina, in un terreno in cui, a causa delle falde acquifere che ne compromettevano la stabilità, nessun essere umano aveva messo piede da chissà quanto tempo. E non era da escludere che fosse rimasto da sempre quasi del tutto inesplorato.
James tornò alla guida del fuoristrada. Adesso, Paul e Markus, seduti sui sedili posteriori, si scambiavano informazioni e impressioni riguardo allo scopo di quella spedizione. Oltre la periferia cittadina, la strada costeggiava una zona caratterizzata da vetusti capannoni industriali da un lato, ed enormi cataste di maleodoranti rifiuti, per quella che aveva tutto l'aspetto di una discarica, dall'altro. Nuove immagini per la fotocamera di Paul, anche se di carattere decisamente meno gradevole di quelle impresse fino a poche ore prima. Abbandonarono poi la strada principale per una deviazione che a breve li avrebbe portati... sull'orlo di un precipizio. La strada non era mai stata completata, così, su esortazione di Markus, scesero dall'automezzo e si avvicinarono a piedi al ciglio di quell'altopiano. La distesa di una vaporosa laguna, selvaggia ed inquietante, si srotolava davanti a loro, suscitando un profondo, imbarazzato disagio. James porse il binocolo a Markus, e questi a Paul, sollevando il braccio verso ovest e puntando con l'indice la direzione precisa che avrebbe dovuto scrutare. Nonostante la scarsa visibilità gli impedisse una visione accurata, Paul riuscì a mettere a fuoco qualcosa che si distingueva dal resto della vegetazione per la sua formidabile altezza, ma ancor più per la sagoma spaventosamente innaturale: i rami erano fittamente intrecciati, quasi in un amplesso doloroso e costretto, ed erano smisuratamente robusti, molto più grandi del tronco, già di per sè esagerato.
Quel possente vegetale meritava di essere avvicinato e di essere consolato per la sua evidente diversità, ma nessuno dei tre aveva il coraggio di avventurarsi in un ambiente tanto ostile.
La strana creatura andava però osservata da vicino. E fotografata. Bisognava inoltre trovare una spiegazione per quelle fronde, incredibilmente enormi e aggrovigliate. Paul pensò bene che l'unico modo di avvicinarsi all'Yggradsil era dall’alto: decise quindi di chiedere un intervento di supporto al suo capo, non poteva certo rischiare che qualcuno gli sottraesse l'esclusiva.
Tornarono alla jeep, e mentre Paul telefonava, gli altri due sigillarono l'abitacolo per via di un pungente odoraccio che ricordava il petrolio.
Tre ore dopo, uno stormo di cormorani dal piumaggio eccessivamente nerastro, si alzò in volo, disturbato dall'avvicinamento di un elicottero. - Arrivano i nostri! - esordì Markus, svegliando gli altri due, che si erano concessi una pennichella. James rimase nella jeep, mentre Paul e Markus, a bordo del nuovo mezzo, ebbero modo di sorvolare l'alta cima del misterioso arbusto. Rick, un giovane ricercatore che si era unito al gruppo, si occupò di calare delle sonde per prelevare alcuni campioni da poter analizzare.
La fotocamera di Paul era rovente...  Adesso aveva il coraggio di confessarlo a se stesso: era stufo di fotografare sfilate di moda e l’amore segreto tra un calciatore e la cantante irlandese. Finalmente sentiva che quegli scatti avevano un senso, oltre che per se stesso, anche per un’altra abbondante fetta di mondo. Sentive scorrere l’adrenalina nelle sue vene, un po’ come quando, da bambino, giocava col fuoco di nascosto dalla madre o mischiava insieme tutte le polverine che trovava in cucina, paventando anche una qualche esplosione...
Il mercoledì successivo, tra il disordine ordinato di una scrivania d'ufficio, nell'angolo in basso a destra del display di un notebook lampeggiava un'icona busta-da-lettera.
Paul, di ritorno dalla pausa caffè, vi cliccò sopra, meccanicamente. Mary, collega dell'ufficio smistamenti, gli aveva inoltrato i risultati che attendeva. Man mano che li scorreva con la rotellina del mouse, i tasselli fuoriposto riguardo al caso Yggdrasil trovavano una precisa collocazione, completando un quadro tanto inaspettato quanto coerente... Nell'edizione del venerdì successivo, la copertina del giornale mostrava una foto ravvicinata del presunto albero sacro, titolandola: «Hamar, la ragione smarrita». All'interno un curato dossier, corredato dagli scatti di Paul più eloquenti di qualsiasi discorso, svelava lo scandalo di un inquinamento che aveva oltrepassato ogni limite: l'intera laguna era interessata da un disastro ambientale di vaste proporzioni. L’aberrazione del gigante verde ne era una diretta conseguenza. Flora e fauna di quella zona, negli ultimi decenni, avevano subìto significative mutazioni, a causa dei prodotti chimici riversati nella valle dalle condutture del complesso industriale "Hydrasil", multinazionale leader nella produzione di protesi al silicone.
Nelle settimane seguenti, Paul seguì con estremo interesse gli sviluppi dell'inchiesta, finchè, raggiante di soddisfazione, accolse la notizia che i responsabili di quello scempio erano stati condannati senza attenuanti. Per rimediare ai danni, la Corte di Giustizia aveva disposto che i titolari dell'Hydrasil potevano espiare l'insostenibile multa e la pesante penale emesse a loro carico, attraverso la messa in regola degli stabilimenti e la bonifica dell'intero territorio. Sei anni dopo, la laguna di Hamar, divenuta area protetta, ospitava frotte di turisti in un meraviglioso parco naturale, la cui principale attrazione era l'albero più grande del mondo: un esemplare che finalmente poteva godere di cure costanti e premurose, a cui rispondeva con spettacolari fioriture di ringraziamento.
Il sabato successivo alla pubblicazione del dossier, Paul è nuovamente seduto sulla sua poltrona azzurra, accanto al caminetto, nel rifugio nascosto tra gli abeti. La sera prima il capo gli aveva comunicato un rinnovo del contratto associato ad una promozione. E c’era stata una telefonata speciale, tra lui e Mary... Chissà, forse per lei avrebbe smesso la sua veste consueta di lupo solitario.
Ora, persino la sua antica solitudine gli pareva più dolce - Mami, vedi che ce l’ho fatta? Spero che da qualche landa sperduta dell’universo tu possa guardarmi, e sorridere fiera di me.
Distrattamente, riprese in mano "YGGDRASIL"... Ma che strana, quell’ultima figura: ritraeva un individuo dal naso importante al cospetto di un grosso albero sorridente. Con due rami più robusti, Yggdrasil sembrava proprio abbracciare un uomo dai lunghi capelli. Un uomo del tutto simile a lui.

DOC & Maria D'Asaro

Commenti

Vele Ivy ha detto…
GRANDE, hai fatto il banner! Lo prelevo subito!! :-)
Gabriella ha detto…
Un'iniziativa davvero importante, un aiuto alla diffusione dell'informazione e della cultura.

Buona settimana
Pippicalzelunghe ha detto…
GRANDE!!!Comlimentoni a te e atri raccontisti per questa iniziativa!!!Non mancherà il mio contributo.Il posto e la casa che descrivi sembrano quelli della mia infanzia...
Mari da solcare ha detto…
Caro DOC: è stato bello collaborare on/line nella creazione del racconto (all'80% tuo, comunque). Abbiamo una certa "propensione" a far danzare insieme le parole. Hai pubblicizzato molto bene l'iniziativa. Lo farò anch'io, appena potrò.@Pippi: la definizione di "raccontisti" è superlativa! Ciao!
DOC ha detto…
@Vele - Quando un consiglio è prezioso ne approfitto. Ciao, grazie.

@Gabriella - Già. Ancora non sappiamo che risonanza avrà, ma già siamo soddisfatti, visto che Wikipedia, almeno per quest'anno, non dovrebbe avere problemi economici, oltre a quelli burocratici. Grazie per il sostegno.

@Pippi - Altra coincidenza è il caminetto, che appare anche nell'introduzione del racconto di Vele. C'è bisogno di più calore, a quanto pare. Grazie per la tua attenzione, Pippi.

@Maruzza - Quella percentuale è soggettiva: quando danzo mano nella mano non so più quante dita abbiamo. Era una metafora, lo so, sono 20 in tutto. Se danzassimo anche con i piedi 40 :) Ciao.
Vele Ivy ha detto…
Doc, ho finalmente letto il tuo racconto con la dovuta calma!
E' una bellissima favola dei nostri tempi, condita da giusto mistero. I personaggi, anche se delineati con poche pennellate, hanno quella simpatia tipica dei "DocPersonaggi". Secondo me hai un vero talento per la scrittura, continua a coltivarlo!!
PS: neve, casetta col caminetto, incontro tra fiaba e realtà... i nostri due racconti hanno un fil rouge!
DOC ha detto…
@Vele - Il tuoi commplimenti mi lusingano, ma non posso desimermi da estenderli a Maria: checchè ne dica, la co-autrice ha impreziosito sapientemente le atmosfere di tutto racconto. Auguro a te, a lei e a me che il cam(m)ino di ciascuno sia sempre carico di belle parole, scritte, dette e ascoltate. Ciao!
DOC ha detto…
@Vele - Pardon, una "m" malandrina si è infilata pure nei "commplimenti". Puramente casuale.
DOC ha detto…
@Vele - Scusa ancora, ma "desimermi" fa davvero schifo. Dovevo dire "esimermi". Mi voto da solo: 4!

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