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New year? Delicate sound



"Delicate sound of thunder" è un video dei Pink Floyd tratto dal tour "A Momentary Lapse of Reason" del 1988. Le riprese sono state effettuate a New York e a Versailles.
Il brano che propongo, "The great gig in the sky", lo trovo perfetto per il Capodanno... e non solo. Suggerisco la visione dell'intero concerto, se non ora, prima o poi, anche solo con le orecchie, possibilmente in dolce compagnia.

Auguro a tutti un anno più "+" e meno "-". Cin Cin!

DOC

Polvere di stelle aspettando la Cometa




CHOP CUP
Design and Direction by :weareom: - Sound by Alin Flaidar




SHADOWLAND: "Transformation"



SAWED IN HALF
Kevin James at "Mucizeler Gecesi"




SHADOWLAND: "Flower"



THE ROSE
Kevin James at "Master of Illusion"





DOC

La rivincita delle nespole



Atto I - "UNO"

«Pst! ...Sta per suonare la campanella».
«Grazie al Cielo, non l'avrei sopportato un minuto di più...»

- DRIIIIIINN!!!
«Fermi! Dove andate? Seduti, subito! ...De Rossi, vuole ricordare ai suoi compagni i compiti assegnati per la prossima lezione? Temo che li abbiano già scordati, e mi spiacerebbe dovergli segnare un altro 3 per scarsa attenzione».
Guance imporporate e occhi bassi, Giulietta De Rossi, l'unica che fino a quel momento era riuscita a mantenere una media sufficiente, elencò a memoria quanto aveva segnato sul diario, con un tono solenne da Padre Nostro. Quando la fanciulla ebbe terminato, il prof. Pingozzi mantenne ancora per un po' il suo sguardo severo sugli alunni, quindi riprese: «Ci vediamo giovedì per l'interrogazione... Ora uscite uno alla volta, chè neanche le capre si comportano come voi». Detto ciò, raccolse le sue cose nella ventiquattrore e si diresse anch'egli verso l'uscita.
Quarantadue anni, venti da professore di Italiano alle scuole medie, per i suoi spostamenti Carlo (era il suo nome) si serviva dell'autobus. Sebbene non amasse il contatto ravvicinato con gli estranei, vi era costretto: più di una volta, infatti, la sua indole turbolenta gli aveva procurato guai seri durante la guida dell'auto nelle ore di punta. L'ultimo episodio, in ordine di tempo, lo vide protagonista di una sfuriata ai limiti della decenza, che coinvolse un anziano automobilista e addirittura una vigilessa. Ne risultò una pesante multa e la sua decisione estrema di usare l'auto solo fuori città, "dove quei vecchi rammolliti difficilmente si avventurano".
Eh, già: non si poteva certo dire che la sua opinione verso gli esponenti della terza età fosse proprio clemente. Per lui erano solo "un peso per la società", oltre che "causa di tutti i mali dell'era moderna". Per dirla tutta, quello non era il suo unico problema, nei rapporti con gli altri... Le nuove generazioni non godevano di migliore considerazione, a partire dai suoi alunni, che giudicava "brufolosi perditempo senza midollo". Ma se viveva da solo ed aveva una vita sociale praticamente nulla, lo doveva alla sua ritrosia verso i coetanei: vecchi amici, parenti, colleghi o conoscenti che fossero, li trovava sempre troppo "infantili e bamboccioni", oppure, al contrario, assolutamente "noiosi e stereotipati".
Sceso dal bus, gli bastò attraversare la strada per trovarsi ai piedi del palazzo che ospitava il suo appartamento, situato proprio di fronte alla fermata. Davanti al portone la signora Amelia, anziana inquilina del terzo piano, si accingeva a raccogliere una moltitudine di nespole che si erano sparse sul selciato, perchè le si era rotto il sacchetto che le conteneva.
«Giovanotto, me la darebbe una mano?» disse la vecchietta, rivolgendosi a Carlo.
«Spiacente, non ne ho il tempo, signora» rispose lui, aggiungendo, a bassa voce, «Non mi mantengo mica con la pensione minima, io...»

Atto II - "NESSUNO"

Se avesse pranzato con due minuti di ritardo, la scaletta della sua giornata non ne avrebbe di certo sofferto; ma che ci volete fare, era fatto così: la sua buona azione quotidiana l'aveva già fatta prestando attenzione a non calpestare le nespole...
Dopo un pasto precotto della durata di un Tg, il resto della giornata lo vide impegnato nella correzione dei compiti (a Giulietta toccò un sei-meno-meno, per via di un apostrofo, anzi, un'apostrofo di troppo) e nella stesura di una relazione per la quale ad un suo collega sarebbero bastate tre pagine, anzichè le sue nove. Poco dopo, mentre stirava il completo che avrebbe indossato l'indomani, fu interrotto dallo squillo del telefono. Lasciò il ferro nella giusta posizione, e andò a rispondere. Avevano sbagliato numero.
Seguì una cena in verità un po' anticipata, ma lui, quella sera, non desiderava altro che andarsene a dormire. Alle 22,05 prese a leggere il libro che aveva sul comodino, alle 22,15 lo ripose, si tolse le lenti e spense l'abat-jour. Dopo la mezzanotte si alzò un paio di volte, la prima per spegnere l'arsura (effetto da insalata messicana in scatola), la seconda per mandar giù un sonnifero.
Mattino del giorno dopo: dal suo pianerottolo del quarto piano, Carlo dovette scendere a piedi, perchè l'ascensore era in manutenzione. Al secondo piano e mezzo sorpassò, non senza difficoltà, la signora Amelia che avanzava centralmente... Preferì il ribrezzo del contatto fisico con l'anziana donna all'attesa del suo lento incedere. Una volta fuori, raggiunse la fermata del bus a testa bassa: non guardava mai le persone in viso, per la strada, a meno che non vi fosse un motivo preciso; ma quando entrava nell'autobus, era sovente "scattare un'istantanea" dell'interno per potersi poi posizionare, con disinvolta indifferenza, nell'angolo in cui si sarebbe sentito meno a disagio.

Atto III - "CENTOMILA"

Carlo mostrò la tessera regolarmente rinnovata all'autista, e notò che non si trattava del solito ragazzotto con gli occhiali da sole; in più, nel suo profilo, avvertì qualcosa di familiare... Rivolse poi lo sguardo verso gli altri passeggeri, ma questa volta non riuscì a distoglierlo in fretta come sempre. Più li fissava e più si rifiutava di credere alle sue pupille: i loro volti... erano assolutamente identici tra loro. Non faceva differenza che fossero diversi per età, sesso e corporatura: avevano tutti la stessa faccia. Per la precisione, la sua.
Si scosse e si voltò, coprendosi il viso con le mani: una reazione del tutto spontanea e giustificata, per un fenomeno così spiazzante. E dovette fare affidamento su tutta la razionalità che era riuscito a trattenere, pochi istanti dopo, quando si sforzò di riaprire gli occhi... L'esterno, aldilà del parabrezza, si traduceva in un confortante rifugio per il suo sguardo, ovvero per la sua stabilità mentale. Ma il vociare dei cloni, alle sue spalle, continuava a terrorizzarlo, e sapeva di non poter rimanere per sempre congelato in quella posizione. Una rapida occhiata allo specchietto retrovisore gli fu fatale: il suo volto, riflesso in primo piano, era incorniciato da un groviglio di repliche sullo sfondo.
«Signore, si sente bene?» - gli chiese l'autista, preoccupato. Lui lo guardò con occhi da pazzo: era come guardarsi ad uno specchio che non fosse sincronizzato. Lanciò un urletto e, approfittando della prima fermata, si scaraventò sul marciapiede con tale veemenza che si ritrovò in ginocchio.
Mentre l'autobus riprendeva la marcia dietro la sua schiena, un nuovo orrore sfilava proprio davanti ai suoi occhi. Un carrozzino, spinto da una madre faccia-di-Carlo, ospitava un neonato col volto da quarantenne, ancora il suo.
Scattò in piedi, e con le gambe che a malapena lo reggevano, si lanciò in una folle corsa.

Atto IV - "LA CAUSA"

Con la mente ottenebrata da pensieri scomposti, il cuore in mano e la testa bassa per evitare altre sorprese, Carlo correva all'impazzata nell'urgenza di tornare a rinchiudersi nell'appartamento, dove avrebbe potuto ristabilirsi e cercare di venire a capo di quanto gli stava accadendo. Un isolato prima del suo, però, il professore, sfinito, si imbattè nel postino, a cui ricambiò distrattamente il saluto. In quell'istante, lo volle inconsciamente osservare in pieno volto: in cuor suo, sperava che avesse mantenuto le fattezze originali, ma dovette riscontrare, come un colpo di grazia inferto, che quell'incubo ad occhi aperti non era ancora terminato. Ne risultò la convinzione che in casa si sarebbe sentito imprigionato per sempre...
Il "piano B" che si affrettò a formulare lo portò a scegliere il cortile, piuttosto che il portone del palazzo, perchè lì avrebbe potuto approfittare dell'automobile, come rifugio ma soprattutto come mezzo per poter fuggire. Alla vista della sua Ford, mise subito le mani nelle tasche del soprabito alla ricerca della chiave, ma non riuscì a trovarla. «Calma» - si disse, impegnandosi poi in una ricerca più approfondita e metodica. Da ultimo, tirò fuori quello che avrebbe dovuto corrispondere al suo fazzoletto... lo agitò, ma anzichè la chiave, ne sortì uno sbuffo di erbe profumate che si perse nel vento. Così si soffermò ad osservare quel quadrato di seta che si ritrovava tra le mani, in particolare un simbolo rosa ricamato nell'angolo, composto da due iniziali intrecciate: la "A" e la "M". In quel momento si sentì sfiorare un fianco...
«Giovanotto, per caso cercava la chiave?» Era la signora Amelia, col suo solito sorriso innocente.
«Aaaah!» urlò Carlo, sobbalzando per lo spavento, ma poi riprese: «...Ah! Ehm! E'... E' lei, signora... Ma il suo volto... Cioè... la mia chiave...»
«L'ho trovata sulle scale stamattina, signor Pingozzi» disse la donna, e aggiunse «Dev'esserle caduta quando ci siamo scontrati. Se me ne avesse dato il tempo, gliel'avrei data anche subito... Ma cos'ha il mio volto che non va? Piuttosto lei... Si riguardi, è così pallido. Se vuole le dò il numero del mio dottore: è un vero mago, sa? Pensi che...»
«Mi scusi, signora, la ringrazio profondamente, ma vado davvero di fretta, questa volta» la interruppe Carlo.
«Capisco... Beata gioventù, sempre di fretta. Venga su, che le dò la chiave. E il numero del dottore» rispose la signora Amelia.
Poco dopo, Carlo si trovava sul pianerottolo del terzo piano, con un numero di telefono nella mano destra, e la chiave della Ford nella sinistra. Non utilizzò nè l'uno nè l'altra: decise di rincasare, non se la sentiva proprio di affrontare nuovamente il mondo esterno. Esausto e psicologicamente distrutto, cominciò a salire i gradini lentamente, lasciandosi alle spalle la porta dell'appartamento della signora Amelia.
Su quella porta, una piccola targa in ottone annerita dal tempo riportava la dicitura: «Amelia Morgante, maga e chiromante».

Atto V - "L'EFFETTO"

La signora Amelia, dopo l'ennesimo atteggiamento sgarbato di Carlo (quello relativo alle nespole), aveva "tramato" alle sue spalle. Quella mattina, aveva favorito l'incontro-scontro col professore per giocargli uno scherzetto: con un'abile mossa aveva infilato una mano nella tasca del suo soprabito, e sostituito la chiave dell'auto con un intruglio d'erbe di sua preparazione, appositamente confezionato perchè generasse un preciso influsso sul suo possessore.
Carlo non ebbe mai modo di sospettare nulla: una volta rientrato, quel giorno si stese sul letto, e dormì profondamente fino al tramonto. Quando si svegliò, sperava davvero di aver sognato... Si affacciò alla finestra, ma era troppo buio per verificare se il mondo fosse ancora invaso dalle sue copie. Il biglietto col numero di telefono, in bella vista sul tavolo del soggiorno, lo riportò alla realtà. Ma di quale realtà si trattava? Perso per perso, decise di telefonare a quel dottore. Prese un appuntamento, dopodichè si infilò sotto la doccia, vi rimase fino a farsi gonfiare le labbra e dita, per poi abbandonarsi alla solita cena improvvisata e indigesta. Prima di tornare a dormire, predispose la ventiquattrore per il giorno dopo, nella ricerca di una stabilità perduta, e per la notte si affidò a un paio di sonniferi.
Dal giorno seguente in poi, la vita di Carlo tornò alla normalità, gradualmente ad una normalità che non aveva mai sperimentato, in cui non era mai riuscito ad identificarsi e che di conseguenza non poteva concepire negli altri. Il suo eccesso di superbia lo aveva ingabbiato, e lui non se ne sarebbe mai reso conto, se non fosse stato per... la signora Amelia, che gli fornì "la chiave", ed il dottore, davvero un buon analista, che seppe andare ben oltre la sua urgenza di recuperare un equilibrio psicologico.
- DRIIIIIINN!!!
«Fermi! Dove andate? Seduti, subito! ...Giulietta, passeresti per cortesia questi inviti ai tuoi compagni? Mio nipote dà una festa all'aperto, sabato prossimo, e siete tutti invitati. Ma fate attenzione, perchè sarà Carnevale, e come ben sapete, a Carnevale ogni scherzo vale». Poco dopo, all'uscita, Carlo notò che un alunno di un'altra classe era rimasto da solo, seduto sul muretto. «Fabrizio... Ti chiami Fabrizio, vero? Che succede, tua madre non viene a prenderti?» gli chiese il professore, preoccupato. Fabrizio rispose che la madre aveva avuto un contrattempo, e che sarebbe arrivata appena si fosse liberata. «Monta su, so dove abiti. Le automobili le hanno inventate apposta, sai?» propose Carlo, ed il ragazzo, sorridente, salì sull'auto. Stava per mettere in moto, quando vide avanzare una vecchietta con le borse della spesa.
«Signora Amelia, non vorrà mica prendere l'autobus, con tutta quella frutta? Venga, l'accompagno io», esordì fiero di sè, e la donna non si fece pregare. Durante il tragitto, abbassò il volume dello stereo che suonava "The Wall" per prendere una telefonata: «Ciao cuore. ...Sì, scusa tesoro, tarderò un po'. Cominciate pure con gli aperitivi, gli ospiti hanno la precedenza assoluta».

DOC

Vita natural durante




PLANET EARTH
Video by The Secret - Music by Jo Blankenburg




NATURE BY NUMBERS
Concept and images by Cristóbal Vila - Music: "Often a bird" by Wim Mertens




7 BILLION
by National Geographic Magazine



Babbo Natale tra fantasia e attualità


Duemilaundicesimo anniversario della nascita di Gesù. Mancano pochi giorni, e gli abitanti di una Terra piuttosto vecchia e malandata si apprestano a festeggiare, malgrado piccole e grandi preoccupazioni gravino su di loro, come in ogni epoca dall'anno zero. Il Natale va santificato sempre e comunque, perchè è la Festa per eccellenza, quella che, forse aldilà di ogni credo, accomuna gli esseri umani nel loro desiderio di Pace e Benessere. In questa occasione celebrazioni, ringraziamenti e preghiere si sollevano da ogni parte del pianeta, fino alla mezzanotte della Vigilia, quando un pezzetto dell'anima di ciascuno si fionda verso quella Stella Cometa. L'auspicio è che torni sulla Terra carico della sua Luce, e se siamo ancora qui significa che sinora ha funzionato.
Questa volta, però, anche Babbo Natale, vera e propria icona di questa ricorrenza, ha i suoi bei grattacapi. E non certo per i lunghi 2011 anni da Figlio Natale: l'avanzare dell'età non ha mai rappresentato un problema per lui. Il fatto è che la popolazione terrestre conta oggi più di sette miliardi di individui, e il suo timore è di non riuscire a soddisfare le esigenze di una comunità così numerosa. Sì, perchè nella sua infinita bontà, il rosso Babbo Natale premia con un dono anche coloro che non ne fanno espressa richiesta, ovvero indiscriminatamente tutti. Come se la caverà? Scopriamolo insieme.

Babbo Natale

Babbo - Mumble mumble... Che abbia bisogno d'aiuto non v'è dubbio, ma a chi rivolgermi? I miei fidati collaboratori sono già in soprannumero, gli incentivi statali non permettono nuove assunzioni, e la disoccupazione frena il volontariato. Quasi quasi... Quel personaggio così facoltoso, chissà... No, a pensarci bene è da escludere: non sono abbastanza avvenente per lui, almeno non credo. Qui ci vuole qualcuno davvero in grado di fornire soluzioni concrete... uno come... Ma certo! Quella vecchia lampada in soffitta, contiene un genio. Aladino non se ne avrà a male, se ne approfitterò: è per una giusta causa.

Genio - Hai espresso un solo desiderio, Babbo Natale, ma ne vale più di tre, e per quanto geniale mi abbiano dipinto nelle favole, anch'io ho i miei limiti. Far piovere doni sulla Terra, in questi tempi di crisi, richiede maggiori poteri. Ma c'è una persona di mia conoscenza a cui potrei sottoporre il dilemma, una sociologa specializzata in rapporti tra umani burattini e fameliche balene che attentano alla loro sopravvivenza... Perchè credo che il problema, in sostanza, sia questo: come diceva mia nonna, «dove si mangia in uno, si dovrebbe poter mangiare anche in due». Manderò una e-mail alla Fata Turchina e ti farò sapere. Per il Santo Natale, questo ed altro.

Fata - Gent.mo Genio, in riscontro a quanto comunichi nella tua ultima e-mail, ti ringrazio per la fiducia che poni nelle mie facoltà. Devo però ricordarti che i poteri magici li ho esauriti tutti in virtù del benessere del mio prediletto Pinocchio. Ora lui è cresciuto (anche troppo, per la verità), ed io, nonostante la mia eterna giovinezza, non riesco a separarmene. Al momento sono alle sue dipendenze come badante, anche per arrotondare: la pensione da chirurgo nasale non mi permetteva di arrivare alla fine del mese. Ma la questione che sollevi, oltre che toccarmi in prima persona, mi sta a cuore per il bene dell'umanità. Per cui mi rivolgerò oggi stesso dal mio mago di fiducia, sono certa che lui saprà porvi rimedio. Cordiali saluti.

Merlino - Carissima Turchina, sei una festa per i miei occhi. La tua visita mi riempie di gioia, e farei l'impossibile per accontentarti. Detto tra noi, neanche a Re Artù riserverei tanta disponibilità... Con sommo dispiacere, si dà il caso però che mi trovi in un momento difficile... Sai, Mago Merlino non fa più tendenza, ormai, e la Scuola di Magia Universale mi ha declassato già da qualche anno. Ho provato a mescolare di tutto, ultimamente, nel mio pentolone, ma più della minestra per la cena non sono riuscito a trarvi. Potrei girare il problema a Harry Potter, ma per quanto sia trendy, non credo che quel pivello possa farcela. Ora che ci penso... Ma certo! La cara vecchia Mary Poppins: a lei basterà un poco di zucchero... Mi adopererò immediatamente per contattarla.

L'indomani, nel laboratorio di Babbo Natale...

Babbo - Uhmmm... Questa letterina è diversa dalle altre... Vediamo di cosa si tratta.
«Spett.le Sig. Natale Babbo, con la presente intendiamo comunicarLe che, a seguito della recente informatizzazione dei reparti e con l'adeguamento delle strutture agli standard universali, abbiamo apportato modifiche sostanziali al Suo ruolo all'interno del ns. organico aziendale. Nello specifico, Le sarà sufficiente scaricare un'apposita App nel suo iPad, e potrà gestire blocchi da migliaia di utenti in tutto il mondo con un singolo sfioramento del display. Per il trasporto dei doni ci avvarremo inoltre di un sofisticato sistema di controllo satellitare combinato alla nuova R.E.N.N.A., Rete Elettronica Notturna Natale Autotrasporti. In definitiva, alla Sua persona sarà affidato il compito esclusivo di registrare gli ordini pervenuti e di trasmetterli al sistema centrale: qualora un prodotto risultasse esaurito, l'utente riceverà un oggetto o una soddisfazione personale di valore pari o superiore alla richiesta. La invitiamo a raggiungere la ns. sede per un breve corso di aggiornamento, che si terrà nella Sala Congressi il prossimo 3 dicembre. Distinti saluti».
Oh, oh, oh! Proprio quello che ci voleva. Era ora che si dessero una spolverata, dopo tutti questi secoli. Altro che magia, incantesimi e talismani... roba d'altri tempi, da mercatino dell'antiquariato. Preparatevi, meravigliosi esseri di questo mondo: il Babbo Natale del futuro sta per entrare nelle vostre case!

La stessa scena venne riprodotta da una sfera di cristallo, posta al centro di un tavolo antico nel salotto di casa Poppins. Attorno ad essa, alcuni personaggi di nostra conoscenza si apprestavano a far festa: - Grazie Mary! Avevi proprio ragione - esclamò Mago Merlino, sostenuto dallo sguardo soddisfatto di Harry Potter, Fata Turchina, Pinocchio, Genio della Lampada e Grande Puffo (che, come è noto, non sa resistere alla tentazione dei festini). E aggiunse: - Solo unendo le nostre forze avremmo potuto farcela. Che ne dite, andiamo tutti a mangiare una bella pizza? Conosco un ottimo localino old style, forno rigorosamente a legna e pianobar anni '50...   

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Dal manuale d'istruzioni: «per capire come funziona, smontalo»


Mi chiamo Giorgio, sono un essere umano, e sono felice di esserlo.
Per chi, come me, sa accontentarsi di piccoli piaceri, la vita si lascia assaporare in tutta la sua semplice unicità...
Mi sono sempre chiesto se esistono creature intelligenti, nell'Universo, a parte noi. Ma di una cosa sono sicuro: un essere evoluto che godesse consapevolmente della gioia della vita, in qualsivoglia galassia più o meno lontana, non potrà mai essere identico all'umano. Per forza di cose: a cominciare dalla rotazione della Terra attorno alla Luna, da cui dipendono le condizioni ambientali che hanno agevolato il nostro adattamento, e che qualora fossero simili su altri pianeti, non sarebbero mai esattamente le stesse. Il succedersi delle ere geologiche, la nascita delle prime forme di vita animale, la comparsa dell'uomo, la sua incredibile Storia fino all'era moderna...
I livelli di civiltà e di progresso tecnologico di cui godiamo oggi, fino a pochi decenni fa materiale buono solo per speculazioni fantascientifiche, rappresentano un'esclusiva che non può appartenere ad alcun extraterrestre. Non dico che una razza aliena non sarebbe in grado di giungere a tanto, intendiamoci: per quanto ne so potrebbe andare anche oltre, e se un giorno una loro rappresentanza dovesse venire a farci visita su avanzatissime navi spaziali, ne avremmo pure la conferma. Dico solo che la loro vita sarebbe unica quanto la nostra, probabilmente di pari valore, ma senza dubbio diversa.
Ad esempio, lo spettacolo mattutino dell'alba, con l'avanzare dell'oscurità ed il sorgere della Luna, è ineguagliabile, nella sua divina concezione. Un alieno potrebbe assistere ad altri fenomeni, magari al mattino ricevere la luce di un sole, fastidiosa per noi ma non per lui, o chissà cos'altro...
A sostegno delle teorie dell'esimio Doctor Peter, non credo di esagerare se aggiungo che il nostro mondo è stato concepito a misura di essere umano, modulato in base alle sue (nostre) necessità e facoltà percettive, al nobile scopo di dare un senso logico e spirituale alla sua esistenza. E se anche di questo concetto volessimo invertire i fattori, ovvero ipotizzare che sia la razza umana ad essere stata concepita per dare un pubblico adeguato (ma forse indegno) al glorioso teatro che era stato allestito, la morale non cambierebbe: in entrambi i casi, l'unica forma di vita intelligente contemplata in quest'angolo di Universo siamo noi.
Senza troppe discettazioni, le stesse verità si esprimono e si rivelano anche attraverso le cose semplici di cui parlavo in apertura. Il buio del mattino fornisce ai nostri occhi la condizione ideale alla vista, come la notturna luce solare permette ai gufi di scavarsi la tana o alle allodole di nuotare con la massima visibilità. Il latte, ad esempio, col suo bel colore nero, susciterebbe in noi la stessa innocua e piacevole sensazione di purezza, se fosse bianco? Il marrone del cielo, ci ispirerebbe ugualmente beatitudine e pace interiore, se fosse azzurro? In quest'ottica, ci accorgiamo di quanto ogni cosa si adatti alla perfezione ai nostri sensi e alle nostre esigenze: il silenzio degli uccelli come il cinguettìo dei pesci; la limpidezza, la trasparenza e la fluidità del terreno come la necessaria solidità del fertile mare; il gusto salato dei neri cristalli di zucchero come il dolce sapore del sale... Immagina se, durante il temporale, venisse giù acqua anzichè pietre: non avremmo mari su cui camminare.
Ma adesso scusami, mi rendo conto che con i miei ragionamenti si è fatto tardi, e devo andare al lavoro. Ho un negozio di abbigliamento in centro, e oggi devo esporre in vetrina la nuova linea di capi invernali. A proposito, se ti trovi da quelle parti, fai un salto da me: ti assicuro che i costumi da bagno sono all'ultimo grido, e gli abitini sono di un cotone così fresco che neanche ti sembrerà di indossarli.

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La scommessa



Ti penso ogni giorno, sai? Quando al mattino mi rado, t'immagino davanti a me, dietro di me, dentro lo specchio. Mentre sono in ufficio, ancora t'immagino, indaffarata quanto me a chiudere contratti e a stilarne di nuovi. Rientrato a casa per il pranzo, mi siedo a tavola, ed esagero come sempre. Tra insipidi piselli surgelati, microonde e formaggio greco, so già come finirà: giunto alla frutta, mi sentirò in colpa verso chi soffre la fame, ma da qualche tempo anche verso di te, perchè ingrasso... Temo che quando ci incontreremo mi troverai in pessima forma, ma non posso farci nulla, la soddisfazione e l'orgoglio di una bella presenza non hanno più le valide motivazioni di sostegno di un tempo. Così, più mi sento in difetto più m'ingozzo, nell'ansia di una sazietà che il cibo non potrà mai soddisfare.
Questo pomeriggio, poi, mi sono fatto del male anche più del solito. Ero lì che leggevo il quotidiano, come d'abitudine, seduto sulla mia poltrona rossa, da bravo interprete dell'unica grottesca parodia di vita che mi è concessa. Sul tavolino, dal vetro del posacenere, tre mozziconi malconci guardavano la goccia di caffè sospesa sull'orlo della tazzina, chiedendosi da che lato sarebbe scivolata.
Con gli occhi gonfi di digestione, inseguivo a fatica i caratteri stampati, mentre i pensieri, impegnati in una guerra d'indipendenza tutta personale, s'inerpicavano senza corda su rovinosi pendii... Proseguire nella lettura ormai non aveva più senso, così, meccanicamente, ho abbassato il giornale e ho alzato la guardia, preparandomi alla sfida. Stava lì immobile, proprio di fronte, a farmi paura con la sua indifferenza, e non so quale parte di me, cuore o cervello, abbia insistito per accettare il duello... Fatto sta che poco dopo, tornato alla poltrona, reggevo il mio avversario sulle ginocchia, deciso a sfogliarlo come un fiore appassito.
Una foto dopo l'altra, cadenzate da pause necessarie, fino allo spasimo. Le più belle erano anche le peggiori... Il suo volto da ragazza, quando ancora io non c'ero, ma già l'amavo. Lei accanto a me, davanti all'altare, candida come la Madonna. La sua smorfia dal cuscino, il sorriso imbarazzato dello scatto a sorpresa, quella luce negli occhi nell'ultima foto di tre anni fa, erano tutta la mia vita. Le vecchie foto, ciò che ne restava.


Chiuso l'album, ho spento la luce. Cercavo di non pensare, ma le immagini di lei continuavano a torturarmi... Ero disperato, perchè non riuscivo, non ero mai riuscito a darmi una spiegazione. Il buio di una sera avida di luna, guardingo e silenzioso come un ladro alla finestra, aveva già inghiottito il salone, disturbato solo a tratti da deboli fari di auto lontane. Il mio corpo aveva cominciato ad assorbirlo, permettendogli di farsi strada dapprima attraverso la pelle, quindi nelle vene, fino ad inquinarne il sangue. Stordito dal conforto dell'oblìo, ne avvertivo la gelida corsa, ma non potevo immaginare quale fosse il suo traguardo.
Così ottenebrato dal delirio, ho rivissuto la scena in cui, con sguardo crudo di spietata gelosia, me la strappavi dalle braccia. Non sopportavi che la vita avesse potuto fonderci con tanta passione, e che alla vita rendessimo tutto il vivido fulgore che ci aveva donato, attraverso il profondo attaccamento che ci dimostravamo. Non rientrava nei tuoi piani, come tu nei nostri, così hai agito per conto tuo, rabbiosa e bavosa come una cagna malata. Il nostro nido ti escludeva, ormai ti conoscevamo, e sapevi bene che non ti avremmo mai aperto il cancello... Anzi, quante volte ti abbiamo pregato di lasciarci in pace, e di stare alla larga, ma tu non ne volevi sapere, ti indispettivi ancora di più, finchè, con maligna caparbietà, hai ottenuto ciò che desideravi.
Sei riuscita ad allontanarla da me, sfruttando le uniche, viscide argomentazioni di cui sei capace. Lei mi ha lasciato per sempre, mi ha lasciato per causa tua, e non te lo perdonerò mai. Non posso neanche odiarti, non ne ho la forza, ne uscirei più sconfitto che mai... Ma non t'illudere: se siamo rimasti solo io e te, non significa che debba provare qualcosa di più della pietà, nei tuoi confronti. Non sei neanche l'ombra dell'amore, non ti appartiene perchè non lo meriti, non vali un capello della mia adorata... Resti solo uno squallido premio di magra consolazione, che ancora mi induce a rivolgerti il pensiero, solo perchè so che presto tornerai a farmi visita, nell'ostinata intenzione di sedurmi, cercando peraltro di giustificare le tue efferate, ingiustificabili azioni. Come so che non servirà a nulla tentare di lasciarti fuori dalla porta, troveresti comunque un modo per continuare ad affondare la tua lama... E poi, in ogni caso, non mi conviene: ho maturato la convinzione che peggio di così non potrebbe andare. Spero solo che ti presenterai a me nella tua veste migliore, quella più cinica e naturale che a volte riesci, tuo malgrado, ad indossare. Perchè non potrei sopportare altro dolore, non lo reggerei. La mia pietà per la tua, mi sembra un buon affare...
Questo le avrei detto, una volta che me la fossi trovata al cospetto. E proprio in quel momento, proprio quando ero pronto, l'ho sentita bussare alla porta, ma per quanto mi dimenassi dentro, il corpo restava bloccato sulla poltrona senza reagire. Non ero in grado di alzarmi, di muovere un dito, nè di aprire gli occhi, figuriamoci l'uscio... Lei continuava a bussare, sempre più forte, finchè, ad un certo punto, ho avvertito la sua presenza. L'ho sentita rubarmi il fiato, con una leggera pressione sulle labbra, un bacio delicato. Ma quel rimbombo non cessava, così ho capito che non era lei a bussare, ma il cuore nel mio petto. Era riuscita ad appropriarsene, senza che potessi rendermene conto in tempo, proprio come immaginavo. Poco dopo, di quel cuore, non si sarebbe più sentita neanche l'eco: nè per me nè per lei. 
I primi raggi di sole, all'alba, si affacciarono lenti e discreti nella stanza, con eccessivo rispetto, quasi a volersi discolpare dell'accaduto. Diretti verso il mio corpo inerme, nel vano tentativo di riscaldarlo, si allungarono sul tavolino, illuminando il posacenere. Le cicche di sigaretta erano ancora lì, affrante, perchè quella notte avevano perso la loro scommessa: la goccia di caffè era colata fuori dalla tazzina.

DOC

My name is DOC

Charmless Man + Sara Hermit  /  Vele Ivy  /  Maria (Maruzza)

E' inutile... Inutile, quando ti affibbiano un appellativo, peraltro così gradevole, non te lo scrolli più di dosso. Che nostalgia, quel 20 Luglio 2010, quando per la prima volta l'amico charmless* mi chiamò così, in uno dei suoi simpaticissimi commenti.
Quel giorno ebbi anche il grande piacere di fare conoscenza virtuale con Vele**, la mia lettrice più assidua in assoluto, insieme alla mitica Maria***, conosciuta solo due giorni prima, quando si affacciò per commentare un timido "Io, novello blogger". E' inutile, non posso più togliermi quel vestito, mi sta troppo bene, ci stavo troppo bene nel ruolo di blogger... In un certo senso era come avere un altro pianeta su cui vivere, col valore aggiunto di poter dare e ricevere (ovvero condividere) un'infinità di emozioni...
Osservare questo mondo dalla finestra senza potervi prendere parte mi fa sentire come se avessi la febbre. La mia decisione di chiudere è stata forzata, determinata da vari fattori, da priorità che dovrei rispettare...
Ma è inutile, ormai sono DOC, il mio nome è DOC, my name is DOC... Hey, suona bene... "My name is DOC"... Tra l'altro mi ricorda qualcosa... Ma sì, che sciocco! E' il nome che ho dato al mio nuovo blog, te ne volevo appunto parlare. "My name is DOC" inaugura proprio oggi, martedì 15 Novembre 2011... Per l'occasione ho anche riattivato i commenti in questo blog, che MAI chiuderà del tutto, anche se questo sarà il suo ultimissimo post.

"My name is DOC"... Che ne dici, ci vediamo lì?

mynameisdoc.blogspot.com

By Dr. Peter and Mr. Hook

(*) Come vedi, caro Captain, neanch'io ho potuto fare a meno di rimettermi "in onda". Bentornato, il tuo rientro è stato un motivo in più per il mio. Verrò presto a visitarti. Saluti anche a Sara.
(**) Ti ho annoverato nei "Comm(ov)enti", cara Vele. Sei l'ultima in ordine di inserimento, ma la prima che appare quando vi si accede: un posto d'onore che difficilmente ti sarà tolto, visto il destino di questo blog. E a me va benissimo così: se Doc circola ancora attivamente in rete, è in gran parte merito tuo. Grazie.
(***) My name is Doc, now, but... se vorrai continuare a chiamarmi "Peter", ne sarò comunque onorato. A presto, Maria.

2 Novembre: quando i morti non se ne vanno



PERSISTENZA NELLA MEMORIA


I defunti restano ancorati alla vita attraverso il ricordo dei propri cari. Nella foto, "A roman widow" ("Una vedova romana") di Dante Gabriel Rossetti (1828-1882).



INFERNO, PURGATORIO, PARADISO


L'oltretomba cristiano cattolico prevede che le anime, giudicate in virtù del comportamento in vita, proseguano il loro viaggio in uno dei tre Regni.
Foto: "Alegorical portrait of Dante", Agnolo Bronzino (1503-1572). Nel dipinto Dante Alighieri, rivolto verso il Purgatorio, regge una copia della sua "Divina Commedia" aperta al canto XXV del Paradiso.



MEDAGLIA AL VALORE


Coloro che nella Storia si distinguono per un contributo significativo all'elevazione - piuttosto che evoluzione - dell'umanità, vivono nella rispettosa riconoscenza dei posteri. Foto: "Autoritratto" di Leonardo da Vinci (1452-1519).



RICORDARE PER NON DIMENTICARE


Nella memoria storica si fissano anche personaggi che hanno lasciato un segno per la loro crudeltà. Questi restano "vivi" soprattutto nel risentimento di coloro che ne hanno subito le malefatte, ma di riflesso anche in chiunque intenda esorcizzare la negatività di un modello da non imitare. Purtroppo, ancora oggi, qualcuno la pensa diversamente.
Nell'immagine, Adolf Hitler in un fotomontaggio di Erwin Blumenfeld (1897-1969).



"TO BE CONTINUED..."


Diffusa prevalentemente nelle religioni orientali, la teoria della reincarnazione si basa sull'idea che l'anima degli esseri umani, trascorso un dato periodo dalla morte avvenuta, trasmigri da un corpo fisico ad un altro, in un continuum di evoluzioni spirituali, fino al raggiungimento dell'illuminazione (nirvana).
Nell'immagine una rappresentazione del Samsāra, ovvero il ciclo di vita, morte e rinascita.



FISSATI NELLA SECONDA DIMENSIONE


Ritrarre un soggetto umano in un dipinto per "preservarlo dalla morte" è un tema ricorrente nel nostro immaginario. Parecchi quadri, grazie al talento dell'artista, danno davvero l'idea che l'anima del modello sia imprigionata nella tela: il personaggio qui sopra, ad esempio, ci osserva con sguardo decisamente "vivo".
Foto: autoritratto ad opera di Federico Barocci (1535?-1612).



CRIOCONSERVAZIONE, SCENARI (FANTA?)SCIENTIFICI


L'attività delle cellule si può arrestare a comando, senza ucciderle, tramite congelamento. Queste cellule vengono poi conservate in speciali "banche" (ormai un business vero e proprio), e all'occorrenza riportate alla temperatura congeniale: anche dopo 25 anni, pressochè inalterate, sono in grado di riprendere tutte le loro funzioni. Con questa particolare tecnica oggi si conservano embrioni, spermatozoi, cellule staminali di cordoni ombelicali, con la possibilità di riutilizzo per la cura dei soggetti donatori. Ma si ipotizza che in un futuro non lontano, la crioconservazione potrà essere impiegata anche per l'ibernazione di interi corpi umani, evitandone così l'invecchiamento e assicurando ai proprietari una proroga al contratto con la morte.
Nell'immagine un dipinto di David Goodsell, biologo molecolare con la passione per la pittura, tratto dal suo libro "The Machinery of Life".



ESSERI UMANI A PARTE


Così come non ho la presunzione di credere che, nella vastità e grandiosità dell'Universo, l'unica forma di vita intelligente sia la razza umana, penso che mettere in dubbio l'esistenza di un'anima anche per gli anima-li, equivalga a dubitare della nostra.
Nella foto un dipinto di Elena Invernizzi: "Omaggio a Fiona".



LARGO AI GIOVANI


C'è solo un modo certo per restare sulla Terra vivi e vegeti sotto tutti i punti di vista, tanto a livello molecolare quanto a livello spirituale, riacquistando peraltro la giovinezza perduta. Nessun rito Voodoo, nessuna prodigiosa magia, se non quella della naturale procreazione.
I figli non sono che la versione riveduta e corretta di/da noi stessi, l'unica vera garanzia di lunga vita che abbiamo in questo mondo: reale, concreta, tangibile e... commovente.
Illustrazione: "Amor A Todas Horas", di Simon Silva.



DOC

Per ulteriori approfondimenti cliccare sulle immagini.

1 Novembre: quando i santi marceranno



When the saints go marching in

We are trav'ling in the footsteps
Of those who've gone before
And we'll all be reunited
On a new and sunlit shore

Oh, when the saints go marching in
Oh, when the saints go marching in
Lord, how I want to be in that number
When the saints go marching in

And when the sun refuse to shine
And when the sun refuse to shine
Lord, how I want to be in that number
When the sun refuse to shine

And when the moon turns red with blood
And when the moon turns red with blood
Lord, how I want to be in that number
When the moon turns red with blood

Oh, when the trumpet sounds its call
Oh, when the trumpet sounds its call
Lord, how I want to be in that number
When the trumpet sounds its call

Some say this world of trouble
is the only one we need
But I'm waiting for that morning
When the new world is revealed

Oh, when the new world is revealed
Oh, when the new world is revealed
Lord, how I want to be in that number
When the new world is revealed

Oh, when the saints go marching in
Oh, when the saints go marching in
Lord, how I want to be in that number
When the saints go marching in



Quando i santi marceranno

Camminiamo sulle orme
Di coloro che sono già andati
E saremo tutti riuniti
In una nuova spiaggia soleggiata

Oh, quando i santi marceranno
Oh, quando i santi marceranno
Signore, come vorrei essere con loro
Quando i santi marceranno

E quando il sole si rifiuterà di splendere
E quando il sole si rifiuterà di splendere
Signore, come vorrei essere con loro
Quando il sole si rifiuterà di splendere

E quando la luna si arrosserà di sangue
E quando la luna si arrosserà di sangue
Signore, come vorrei essere con loro
Quando la luna si arrosserà di sangue

Oh, quando la tromba suonerà il richiamo
Oh, quando la tromba suonerà il richiamo
Signore, come vorrei essere con loro
Quando la tromba suonerà il richiamo

Alcuni dicono che questo mondo tormentato
sia l'unico a disposizione
Ma io sto aspettando quel giorno
Quando il nuovo mondo sarà rivelato

Oh, quando il nuovo mondo sarà rivelato
Oh, quando il nuovo mondo sarà rivelato
Signore, come vorrei essere con loro
Quando il nuovo mondo sarà rivelato

Oh, quando i santi marceranno
Oh, quando i santi marceranno
Signore, come vorrei essere con loro
Quando i santi marceranno



DOC

31 Ottobre: quando i celti celebravano l'anno

"Celtic" by P.gzlezjim
Da Wikipedia: «Con il nome di Celti si indica un insieme di popoli indoeuropei che, nel periodo di massimo splendore (IV-III secolo a.C.), erano estesi in un'ampia area dell'Europa, dalle Isole britanniche fino al bacino del Danubio, oltre ad alcuni insediamenti isolati più a sud, frutto dell'espansione verso le penisole iberica, italica e anatolica. Uniti dalle origini etniche e culturali, dalla condivisione di uno stesso fondo linguistico indoeuropeo e da una medesima visione religiosa, i Celti rimasero sempre politicamente frazionati; tra i vari gruppi di popolazioni celtiche si distinguono i Britanni, i Galli, i Pannoni, i Celtiberi e i Galati, stanziati rispettivamente nelle Isole Britanniche, nelle Gallie, in Pannonia, in Iberia e in Anatolia».

Diffusione dei Celti in Europa nel III secolo a.C
«L'anno celtico era diviso in feste solari e lunari. I solstizi e gli equinozi solari erano i punti che segnavano il percorso del sole: massima altezza nel solstizio d'estate, minima nel solstizio d'inverno, e intermedia agli equinozi.
Le Feste Lunari o Feste di fuoco celtiche sono festeggiate ancora oggi. Le antiche Samhain (31 ottobre/1 novembre) e Beltain (30 aprile/1 maggio) erano le due feste più importanti del calendario celtico, perché segnavano la divisione dell'anno in due parti: la metà oscura e quella luminosa (inverno ed estate). I celti festeggiavano il nuovo anno a Samhain, oggi celebrato come Halloween o festa di Ognissanti, che segnava anche l'inizio dell'inverno».

Il calendario di Coligny
«Il calendario di Coligny è un'epigrafe in lingua gallica incisa in caratteri latini su tavola in bronzo, risalente alla fine del II secolo d.C., contenente un antico calendario gallico rinvenuto nel 1897 a Coligny, nei pressi di Lione. Il reperto è conservato al museo della civiltà gallo-romana di Lione.
È costituito da una lastra di bronzo lunga 148 cm e alta 90 cm di cui si conservano 73 frammenti. Risale al II secolo d.C. ed è scritto in caratteri latini ma in lingua gallica; presenta sedici colonne con i mesi per un arco di tempo di cinque anni. Il calendario di Coligny, con le sue 2021 righe distribuite su 16 colonne, è il documento più cospicuo, per estensione del testo, tra le peraltro rare testimonianze scritte delle lingue celtiche continentali».

Halloween in Derry, Northern Ireland
«I Celti erano influenzati principalmente dai cicli lunari e delle stelle che segnavano lo scorrere dell'anno agricolo che iniziava con Samhain (in novembre), alla fine dei raccolti, quando il terreno veniva preparato per l'inverno.
La vigilia di Samhain (in irlandese Oidhche Shamhna) era la festività principale del calendario celtico, probabilmente celebrata il 31 ottobre, rappresentava l'ultimo raccolto. Oggi in Irlanda Oíche Shamhna indica la notte di Halloween. (...) Nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all'anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti si assottigliava ed i vivi potevano accedervi».

DOC

Doctor Peter racconta / 13° episodio: Prinus, la gnoma delle ghiande

Gli episodi di questa serie sono autoconclusivi: possono essere letti anche singolarmente, essendo collegati tra loro solo da piccoli spunti o da personaggi già presentati. L'elenco completo delle pubblicazioni si trova in fondo.


C'era una volta, a Boscoincittà, una piccola comunità di scoiattoli davvero in gamba. Malgrado le loro tane fossero piuttosto distanti tra loro, le famigliole riuscivano a comunicare e ad aiutarsi l'una con l'altra grazie ad una serie di accordi che avevano stretto con l'antico popolo degli gnomi. Nessuna regola imposta, nessuna legge istituzionale: più semplicemente, gli scoiattoli offrivano tutta la loro collaborazione e protezione nei casi d'emergenza.
Come quando venne la grande alluvione, e accolsero gli gnomi nelle loro tane scavate sugli alberi, o quella volta che il fuoco avanzava inesorabile, e grazie al loro aiuto riuscirono ad arginarlo incanalando le acque del lago. Per riconoscenza, le creaturine svolgevano le commissioni quotidiane che ai roditori, impegnati sui rami, risultavano più impegnative.
In un clima di assoluta armonia, tra una faccenda e l'altra, c'era chi si occupava di riferire messaggi e trasportare oggetti tra alberi lontani, chi curava le radici delle querce che li ospitavano, chi faceva da vedetta per allarmare in tempo sull'arrivo di grossi rapaci... Un compito particolarmente arduo fu affidato a Prinus, una bionda e vispa gnometta che più di una volta si era distinta per la sua abilità nel destreggiarsi in territori inesplorati, per il coraggio con cui era solita affrontare le avversità, ma soprattutto perchè riusciva con estrema arguzia a trarsi d'impaccio anche dalle situazioni più critiche.
Nei periodi di maggiore necessità, ovvero con i primi freddi, Prinus usciva dal bosco e si avventurava nelle aree urbane alla ricerca di cibo per gli scoiattoli, possibilmente ghiande: una volta individuato un buon luogo di approvigionamento, quale un parco cittadino o un giardinetto residenziale, ne segnava l'ubicazione su una mappa; la notte seguente un manipolo di baldi gnomi, col favore delle tenebre, si sarebbe portato sul posto per caricarne a sufficienza.
All'esterno del bosco, per la gnoma delle ghiande, ogni volta era un'avventura che conteneva un'elevata percentuale di rischio. Durante l'ultima spedizione, ad esempio, si imbattè in un gruppo di cinque gatti che le sbarrarono la strada, impedendole di uscire dal vicolo in cui aveva scovato un'ottimo rifornimento di quei frutti secchi tanto adorati dagli scoiattoli.
Il gatto al centro, con fare minaccioso, le intimò: «Guarda guarda! Qui c'è qualcuno che pensa di poter invadere il mio territorio senza permesso. Lo sai, piccina, che chi entra qui senza invito deve pagare un'ammenda?»
I quattro dietro di lui ripeterono in coro: «Ammenda! Ammenda!»
Prinus, dapprima disorientata, si tolse il copricapo, quindi gli rispose con tono pacato: «Non ho che una ghianda con me. Ma... ora che ci penso, conosco un luogo incustodito dove scaricano delle ottime sardine... Se non sbaglio voi, signori gatti, ne andate piuttosto matti».
«Ah! Ah! E allora, - ribattè il gatto - cara la mia saputella, sei pregata di sputare il rospo». «Rospo! Rospo!» tuonarono i compagni in coro.
«Mettiamola così, - gli rispose la gnoma - se non vi dicessi nulla, voi non mi lascereste andare, ma guadagnereste solo la mia ghianda. Se invece mi lascerete libero il passo, e risponderete esattamente al mio indovinello, vi spetterà una scorpacciata di succulenti pesci».
Il gatto abbassò lo sguardo per pensare, quindi esordì raggiante: «Ah! Ah! E sia! Deve ancora nascere chi si crede più furbo e intelligente di un gatto! Fatevi da parte, fratelli, lasciate che il buffo esserino qui davanti si senta libero di sfidare noi campioni!»
«Campioni! Campioni!» aggiunsero i quattro gatti, mettendosi da un lato insieme a lui.
Nascondendo il sollievo per avere libera una via di fuga, Prinus si rivolse ai felini: «Bene, signori, vi ringrazio. Ora ascoltatemi con attenzione, la domanda è la seguente: se 5 gatti prendono 5 topi in 5 minuti, in quanti minuti 100 gatti prendono 100 topi?»
Dopo aver sprecato commenti e ilarità sulla facilità del quesito, i gatti si ricomposero e parlarono ufficialmente uno alla volta.
Gatto Cerere volle essere il primo: «Pancia mia fatti capanna! La risposta è ovviamente venti!»
Prinus le sorrise, fece cenno di "no" col capo, e gli disse: «Spiacente, signor gatto, il conto non è esatto».
Fu la volta di Plutone, il capo branco. «Lo sapevo che non avrei dovuto lasciarti parlare per primo, ignorantone» - disse, rivolgendosi a Cecere. Quindi proseguì: «Mi fai fare brutta figura. Lo saprebbe anche uno gnomo che i minuti esatti sono cinquecento!»
La gnoma colse l'occasione per svilire sottilmente Plutone: «Ci era andato più vicino l'altro gatto, signore. Ma entrambi avete sbagliato».
Toccava ad Haumea, che, nell'incertezza, azzardò: «Venticinque?»
Prinus le rispose che anche lei era in errore, e lo stesso riferì al quarto gatto, Makemake, che si giocò l'opportunità con un insensato «Mille!»
Su Eris, l'unica rimasta in gioco, gli sguardi dei compagni pesavano come un macigno. Con voce tremula, disse: «Ce... Cento!»
A questa risposta la gnoma, che aveva cominciato ad allontanarsi, ribattè: «Mi dispiace, signori, davvero. La prossima volta che assaggerò una sardina vi penserò con affetto. Addio». E fuggì a gambe levate.

I gatti, convinti di essere stati truffati, si lanciarono in un rapido inseguimento; ma Prinus, oltre che di cervello fino, era dotata di buone gambe. Risultato: Plutone, allo stremo delle forze, crollò esausto insieme ai compagni. Con l'ultimo filo di voce, urlò a Prinus: «Torna qui, canaglia! Ci hai detto una bugia!»
La gnoma, prima di scomparire nel bosco, gli fece eco: «Sbagliato ancora una volta, "signor gatto": non sai che gli gnomi non mentono mai?»

"Home" video: spender bene 90 minuti senza sborsare un centesimo

Da Wikipedia: «"Home" è un documentario su ambiente e cambiamento climatico di Yann Arthus-Bertrand, prodotto da Luc Besson, diffuso contemporaneamente il 5 giugno 2009 nelle sale cinematografiche di 50 paesi, in concomitanza con la giornata mondiale dell'ambiente. Concepito come un reportage di viaggio, è realizzato quasi interamente con immagini aeree.Il film è stato prodotto in due versioni: una più breve (90 min) per televisione, DVD e internet, e una più lunga (120 minuti) per il cinema. Su internet è disponibile su YouTube in sei lingue».


Si prega diffondere, grazie: http://youtu.be/I1fQ-3-CEFg



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