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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

Piccoli, buffi e misteriosi: i Dogū


Si parla tanto dei prodigi dell'intelligenza artificiale, ma pare che ci sia ancora molto da lavorare in questo senso. Se cerco una specifica immagine su Google, e la trovo solo dopo averne sfogliate migliaia, tentando anche le parole chiave più improbabili e in varie lingue: o Google si prepara ad invadere il mercato degli occhiali da vista - e non me ne stupirei, oppure sarà meglio che istruisca per bene i suoi algoritmi. Fortunatamente, non tutti i mali vengono per nuocere. L'altro giorno, ad esempio, stanco e spazientito dall'ennesima abissale ricerca, prima di chiudere tutto è partito un "clic nervoso" su una delle immaginette che avevo davanti, un po' come quando - dopo una faticosa partita a calcio persa - spazzi via la palla senza direzionarla. L'immagine in questione è la seguente.


«E questa che roba è?» - mi sono subito chiesto. Mentre congetturavo (parco divertimenti, ristorante giapponese, installazione artistica, fotomontaggio dozzinale, etc.) approfondivo. La risposta è anche più stramba della foto. Trattasi infatti di una piccola stazione ferroviaria: la stazione "Kizukuri" della città di Tsugaru, nel nord-est del Giappone.


Sorta nel 1924 per servire un singolo binario (attualmente vi transitano meno di 300 passeggeri al giorno), nel 1992 è stata ristrutturata e decorata con l'imponente e sorniona statua che avete appena visto, realizzata in legno (anziché argilla come progettato in un primo momento, per motivi di sicurezza). Prima di parlarvi di questa statua, vorrei mostrarvela per un attimo mentre gli lampeggiano gli occhi per segnalare l'arrivo o la partenza del treno (trovata geniale per qualcuno, non per i molti che ne hanno richiesto la disattivazione perché terrorizzava i loro bambini; tuttavia, su richiesta al personale ferroviario, il meccanismo è ancora azionabile).


Passiamo quindi alle presentazioni. Lui è un gigantesco "Shakōki-dogū": non un bieco alieno intergalattico partorito dalla moderna fantascienza, ma la riproduzione in formato extra-large di una delle statuine risalenti all'era giapponese Jōmon, che va dal 14.000 al 300 avanti Cristo. Segue l'originale, custodito nel museo nazionale di Tokyo, con l'immancabile "Digimon" che ne trae ispirazione:


Trattasi di uno dei circa 15.000 manufatti simili ritrovati nei secoli, esclusivamente in Giappone, soprattutto nel Nord-Est. Alti dai 10 ai 30 cm., a seconda del periodo in cui furono scolpiti e al luogo di ritrovamento i Dogū (letteralmente "statuine di creta") sono stati classificati in quattro diversi stili ricorrenti, malgrado l'ampio assortimento non si presti ad una catalogazione ben definita.
1) "Shakōki-dogū", letteralmente "Dogū con occhiali da neve". Uno lo avete appena ammirato, eccovi allora un paio di suoi "fratelli", e gli occhiali da neve utilizzati dagli eschimesi a cui si fa riferimento:


2) "Yamagata", ovvero "Dogū a forma di cuore". Non è chiaro se i volti siano a forma di cuore perché indossano una maschera, o semplicemente perché sono stati immaginati così. Nel 1981 gli è stato dedicato persino un francobollo.


3) "Mimizuku", ovvero "Dogū gufo cornuto".


4) "Dogū donna incinta". Anch'essa la troviamo in un francobollo, emesso nel 1998.


Quale fosse l'esatta funzione dei Dogū, che il popolo giapponese dell'era Jōmon produceva diffusamente, resta un mistero. Va detto che raramente sono stati trovati Dogū integri, anzi, pare che venissero distrutti appositamente. Questo fa pensare che gli venissero associate delle maledizioni, per poi esorcizzarle con la successiva distruzione. I Dogū con caratteristiche femminili molto evidenziate, si pensa invece che venissero scolpiti per essere impiegati in rituali atti a favorire la fertilità ed il parto. Feticci, quindi, o talismani. Ma potrebbero essere anche delle semplici bambole per il sollazzo dei bambini. I cultori della teoria paleoastronautica sono infine convinti che rappresentino antichi astronauti extraterrestri, in riferimento all'abbigliamento scafandrato, tipo tuta spaziale (vedi lo Shakōki-dogū in apertura), giunti da altri pianeti e poi evidentemente ripartiti.
Detto ciò, rientro alla base anch'io, sigillando il tutto con un'ultima foto: trattasi di "Gassho", un Dogū a mani giunte in atto di preghiera, che immagino sia di buon auspicio.



DOC


Si ringrazia Wikipedia, Wikimedia, Wikipiùnehapiùnemetta, e tutto sommato anche Google immagini.

Le cavallette



Il flagello delle cavallette era una piaga dell'Africa soprattutto per i contadini. Ora spero che il dipartimento anti-locuste sia riuscito a debellarle. Io ne conosco di tre specie: le gialle, le rosse e le marroni. Una nuvola nera oscura il sole come quando deve scatenarsi un temporale, e piombano giù una sull'altra come fiocchi di neve, sui campi e sugli orti, facendone tabula rasa.
Ho un ricordo di quando ero bambina. Avevo 6 anni, e con i miei genitori che erano contadini e avevano una grande concessione ad Adi Sogdo (Eritrea) andammo sulla collina a vedere come crescevano bene l'orzo e il grano.
Era un pomeriggio sereno e il sole splendeva, ma improvvisamente una nuvola nera lo oscurò, e giù a pioggia questi dannati insetti uno sull'altro. Io ero terrorizzata, piangevo e urlavo, mia madre mi prese in braccio e si avviò per tornare a casa insieme a papà, e loro sprofondavano fino alle ginocchia in quella massa di cavallette, pestandole e schiacciandole.
Gli agricoltori erano disperati, cercavano di cacciarle dai campi e dagli orti facendo rumore con delle lattine, dentro cui picchiavano con dei pezzi di legno o dei ferri, oppure accendevano dei fuochi per fare fumo e spaventare quelle bestie. Ma difficilmente ci riuscivano, e quando le cavallette riprendevano il volo non c'era più nè una punta di grano, nè una foglia di insalata o altro ortaggio. Inoltre si attaccavano ai vetri delle finestre per cercare di entrare in casa.
I miei fratelli non le temevano, anzi ci giocavano: gli toglievano le ali, facevano dei carrettini con del filo di rame e le stanghe gliele infilavano nel ventre, cosicché da cavallette diventavano cavalli e gli facevano fare le corse sul tavolo, mentre io li guardavo da una certa distanza.
Quando poi diventai più grande, ricordo che un giorno, mentre andavo a lavorare in bicicletta, ecco arrivare le cavallette: mi sciamavano intorno, e io me le scuotevo di dosso rischiando di finire per terra. Purtroppo dovetti subire il loro assalto, perché le chiavi del negozio dove lavoravo le avevo io e dovevo aprire... Che giornata!
Solo per gli arabi le cavallette non erano un flagello. Essi le consideravano una manna che Allah manda dal cielo in periodi di carestia, e se le mangiavano!



Ivana (mamma DOC)

Del predicare e del razzolare



Esame di etica per le classi politiche 2018

DEFINIZIONI

C'è chi non predica e non razzola.
Trascurabile minoranza.

C'è chi predica ma non razzola.
Essi si dividono in due categorie.
• Chi predica bene ma non razzola.
• Chi predica male ma non razzola.

C'è chi razzola ma non predica.
Essi si dividono in due categorie.
• Chi razzola bene ma non predica.
• Chi razzola male ma non predica.

C'è infine chi predica e razzola.
Essi si dividono in ben quattro categorie.
• Chi predica bene e razzola bene.
• Chi predica bene e razzola male.*
• Chi predica male e razzola bene.
• Chi predica male e razzola male.

(*) Categoria notoriamente più discussa fra tutte.

SVOLGIMENTO

Sulla base dei dati forniti, rispondere ai seguenti quesiti.

1) Che differenza c'è tra chi predola (ovvero prezzola) e chi razzica (ovvero radica)?

2) In quest'epoca di predicatori, quale futuro per i razzolamucche?

3) Perché tra soggetto e complemento oggetto si inserisce sempre il predicato verbale e non il razzolato fattivo? C'è forse questo all'origine di tutti i mali? Argomentare.

4) Per razzolare bene, è più indicata la spugna o il panno in microfibra?

5) Se chi predica predice, chi razzola radice?

6) E' bene predicare ai piani alti o si rischia solo di razzolare giù dalle scale?

7) Alle manifestazioni di protesta è meglio rispondere con un pacato predicozzo o con una bella razzolata di capo?

8) Se si stuzzica una razzola, questa emette cattivo odore?

9) Alla guida di un popolo, vince più chi predica sermoni o chi razzola salmoni?

10) Quanto sei disposto/a a sborsare per superare questo esame indipendentemente dalla valutazione finale? Specificare la cifra esatta in euro (min. 80mila); in caso di beni immobili, allegare relativa documentazione; per i pagamenti in natura citofonare Silvio B.

LIBRI DI TESTO CONSIGLIATI

Titolo: "Per favore dite a mia madre che faccio il pubblicitario... Lei pensa che sono un pierre e che quindi regalo manciate di free entry e consumazioni gratis a chi mi pare, rido coi vips, i calciatori le veline e le giornaliste, leggo Novella e mi fotografano i paparazzi, entro nei privé saltando la coda, bevo senza pagare, sono ghiotto di tartine e gin tonic, ho la casa piena di oggetti di design, conosco Paris Hilton, Tom Ford ed Emilio Fede, guido lo Z4 nero, ho tante fidanzate, parlo coi giornalisti e ho l'ombrellone fisso a Saint Trop. Per non fare torti a nessuno vesto Armani, D&G, YSL, Ferré e Moschino, indosso scarpe inglesi, ho la carta di credito corporate che fa molto boss, l'auto aziendale coi sedili in pelle che fa molto chic. In verità invece lavoro alla luce del neon, col computer che si impalla, colleghe 'stressate' con piglio da manager, nota spese a pie' di lista, contratto a tre mesi senza buoni pasto. Oltre alla zia ansiosa che domanda che razza di lavoro faccio e che teme che ci sia del losco con tutte 'ste parole tipo brief, debrief, coffee break, spillover, word of mouth, product placement, viral marketing, awareness e che peraltro non sa che raccontare alle amiche che sta per incontrare alla tradizionale riunione del Tupperware, debbo gestire anche le ansie dell'amministratore delegato che ha più o meno lo stesso problema rivolto però all'azienda, cioè oltre a non volere ammettere quanti dipendenti sta per licenziare, non ricorda il prezzo corretto degli ultimi prodotti, non sa che dire all'incontro di inaugurazione del nuovo stabilimento, ha lasciato il discorso sull'aereo e ha pure dimenticato gli occhiali. E (maledizione!) alla Vespa si è pure rotto il cavetto della frizione". Autore: Davide Ciliberti. Anno: 2007. Editore: Ediforum. Formato: Tascabile, 64 pp.

MODALITA' DI PARTECIPAZIONE

Gli scritti, completi di regolare marca da bollo da 80mila euro vidimata da Capitan Sparrow, vanno consegnati a mano o trasmessi via fax / Posta Elettronica Certificata ad una delle sedi universitarie della Facoltà di Non Rispondere distribuite sul territorio nazionale.
Sarà data precedenza agli stampati pervenuti su ostia commestibile, decorante torta al doppio cioccolato e panna, del peso non inferiore ai 10 chilogrammi.



DOC

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