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Welcome 2016 Party DOC


E' ufficiale: siete tutti invitati al megaveglione di Capodanno ad ingresso libero organizzato da DOC!
La festa si terrà proprio qui, in questo post, giovedì 31 dicembre 2015 (ma anche adesso, o quando vorrete, anche saltando tra un anno e l'altro: basta scorrere e cliccare), per un'abbuffata di contenuti spumeggianti selezionati con lucida follia per voi.
Cosa si festeggia esattamente? L'anno vecchio, quello nuovo o entrambi? Mi piacerebbe dedicare questo evento all'attimo presente. Trovo che sia una buona occasione per ricordare che noi tutti apparteniamo alla generazione più evoluta di esseri umani mai apparsa finora sulla Terra, il che non è poco. Qualcuno potrebbe obiettare: «Sì, ma la stessa cosa avrebbe potuto affermare il cavernicolo che inventò la ruota, nel suo attimo presente». E' vero, ma noi siamo più avanti di tutti quelli che ci hanno preceduto: possiamo goderci lo spettacolo seduti in prima fila, ne siamo addirittura protagonisti! «Sì, ma la stessa cosa avrebbe potuto affermare...» Il cavernicolo nel suo presente, okay, okay! Ma vi pare il momento di fare i guastafeste? Orsù, vi aspetto numerosi! Anzi no, pochi ma buoni è meglio, perché poi mi toccherà ripulire. Segue la locandina, con il programma dell'evento che ne incorpora i contenuti (è tutto qui, non cercate altrove). Divertitevi, io sarò dietro alle quinte. Ci ritroviamo all'uscita per gli auguri!


31 Dicembre 2015

Ore 16:00 - Backstage. Preparativi per la festa [1:40]




Ore 19:00 - Ingresso. (Anche per le Fiat 500). Il maggiordomo fa gli onori di casa [0:40]




Ore 19:15 - Predisposizione all'anno nuovo. Tantra yoga [2:06]




Ore 19:30 - Allineamento percettivo. Tecniche orientali di sincronismo [3:07]




Ore 19:45 - Apericena. Socializzazione [1:13]




Ore 20:00 - Pianobar. Musica e atmosfere soft anni '15 [3:25]




Ore 21:00 - Cena galante di Capodanno. Si raccomanda il bon ton [0:50]




Ore 22:00 - Discorso di fine anno. Il Pres. del Consiglio traccia un bilancio del '94 [1:33]




Ore 23:00 - Intrattenimento. Cabaret con le sorelle Evelyn Evelyn - Dal loro sito ufficiale: «Evelyn e Evelyn Neville sono un duo di cantautrici che esegue composizioni originali su piano, ukulele, chitarra e fisarmonica. Le sorelle sono un raro caso di gemelle parapagus tripus dibrachius, condividono cioè tre gambe, due braccia, tre polmoni, due cuori e un solo fegato. Attualmente risiedono a Walla Walla, Washington».


Okay, nessun imbarazzo... in realtà si tratta di una "lei", Amanda Palmer, ed un "lui", Jason Webley: artisti sì, ma "uniti" solo professionalmente, ovvero perfettamente normali. Beh, proprio normalissimi non direi: almeno una rotella fuori posto devono averla, visto che si sono inventati questa stramberia e la portano in giro per il mondo :-) Di certo sono bravi. Ecco a voi "Have you seen my sister Evelyn?" ("Hai visto mia sorella Evelyn?") [2:57]




Ore 23:30 - Ma anche rock. Due ballate che potranno risultare gradevoli anche ai meno affezionati al genere. La prima è un omaggio a Lemmy Kilmister: icona del rock genuino, cantautore, bassista e fondatore dei Motörhead, che ci ha lasciato lunedì scorso, 28 dicembre 2015, a 70 anni, sopraffatto da un tumore. «Aveva saputo della malattia il 26 dicembre. Era a casa, seduto davanti al suo videogame preferito, con la sua famiglia». Il brano - pubblicato nel 1992 e qui eseguito dal vivo nel 2001 - s'intitola "I ain't no nice guy" ("Non sono un bravo ragazzo") [4:34].
Seguono Dave Gahan & Soulsavers con "All of this and nothing" ("Tutto questo e niente") [4:40]. La canzone, eseguita dal vivo lo scorso 19 ottobre a Los Angeles, è davvero molto bella. Mi è stata segnalata dall'amica Pippi, che ringrazio.




Ore 23:45 - Sponsor time. Johnny Express, il corriere più solerte dello spazio [5:26]




Ore 23:59 - 3... 2... 1... Auguri!!! Spumante DOC :-) [1:42]


1° Gennaio 2016

Ore 00:10 - Fireworks. Spettacolo di fuochi d'artificio [1:35]




Ore 00:40 - Ingresso al ballo. Shall we dance? [3:33|3:52|3:09]




Ore 05:00 - Saluti finali. E addio neuroni. Lasciatevelo dire, umani: siete pazzi [5:18]




Ore 07:00 - Flashback. Volo di ricognizione sul 2015 [3:09]




Ore 09:00 - Reset. Anno nuovo, la città al risveglio [0:58]




Ma come, andate via di già? Aspettate, fermatevi, il bello deve ancora venire... Ora c'è la maratona "Revival" con la proiezione di tutte le puntate della serie "Little House on the Prairie" ("La casa nella prateria"): 203 episodi più 5 film, tutti in lingua originale e senza sottotitoli. Come dite? Vabbè... Se proprio insistete... Sarà per un'altra volta. Non mi resta quindi che augurare a tutti, con particolare dedica alle/ai pazienti follower, un

Meraviglioso ☻ Favoloso ☻ Stupendoso
nonché
Felice
☼~ Anno Nuovo ~☼

DOC



P.S.: Ops... Pare sia rimasto ancora qualcosa, impigliato QUI in fondo, tra le pieghe del cuore. Permettetemi di condividere anche questo, come augurio che ciascuno possa accoccolarsi nella dimensione più congeniale: immigrati, emigrati, emigranti e stanziali. Grazie Pino

E quindi, Buon Natale



Happy Xmas (War Is Over)

John Lennon & Yoko Ono
The Plastic Ono Band With The Harlem Community Choir



Confesso che, malgrado conoscessi questo classico natalizio praticamente da una vita (singolo del 1971 pubblicato appena due mesi dopo "Imagine"), non sapevo fosse stato partorito dalla celebre coppia. Lo riconosco, è grave. E dire che l'avrò canticchiata mentalmente decine di volte, questa canzone, ignorandone peraltro il titolo, il riferimento alla guerra e il valore dei messaggi contenuti. Capirete la sorpresa quando ho visto il video del 2003 (vedi sotto), con quelle tremende immagini in contrasto alla melodia del canto!
Ebbene, tutto ciò lo scopro oggi, con imperdonabile ritardo ma in perfetta sintonia col palpito del mio cuore, riguardo a questo Natale in particolare. Da qui l'immediata condivisione: questo post riflette esattamente il tipo di augurio che mi sentivo di (dover) esprimere.


Happy Xmas (War Is Over) è stato il culmine di oltre due anni di militanza di pace intrapresa da John Lennon e Yoko Ono. La campagna, riferita alla guerra in Vietnam, interessò 12 grandi città del mondo: New York, Los Angeles, Toronto, Roma, Atene, Amsterdam, Berlino, Parigi, Londra, Tokyo, Hong Kong ed Helsinki; la coppia affittò degli spazi pubblicitari giganti e vi fece affiggere dei manifesti bianchi con la scritta - tradotta nelle rispettive lingue - "La guerra è finita! Se lo vuoi. Buon Natale da John & Yoko".
Tutto ebbe inizio con una serie di "bed-in" (ironica storpiatura del popolare termine inglese "sit-in"). Il primo di questi si tenne durante la loro luna di miele: sapendo che le loro nozze, celebrate il 20 marzo 1969, sarebbero stato un grande evento mediatico, John e Yoko decisero di usare la pubblicità che avrebbero ricevuto per promuovere la pace mondiale. Passarono la loro luna di miele nella suite presidenziale dell'Amsterdam Hilton Hotel tra il 25 e il 31 marzo, dando libero accesso alla stampa nella loro camera da letto tutti i giorni dalle nove di mattina alle nove di sera. I giornalisti li trovavano sempre sdraiati, in pigiama, che parlavano di amore e pace universali. Appesi alle pareti, dei cartelli scritti a mano con slogan tipo "Pace dei capelli" e "Pace a letto".


Dopo sette giorni la coppia si spostò in Austria, a Vienna, dove i due tennero una conferenza stampa rinchiusi in un sacco. In quella occasione coniarono ironicamente il termine "bagism" (bagismo, da bag=sacco), che fu riproposto anche in seguito. Il movimento del bagismo era legato al concetto che vivendo in un sacco, una persona non può essere giudicata da altri sulla base del colore della pelle, del sesso, dell'abbigliamento, dell'età, o di qualsiasi altro attributo.


Qui li vediamo due mesi dopo in Canada, a Montreal, all'Hotel Queen Elizabeth.


Detto ciò, risparmiandovi il mio personale risentimento riguardo a discutibili copyright che mi impediscono di incorporare qui i video di YouTube (Grrr! è Natale), li riporto come link:

QUI il video musicale del 1993, per tutti: in apertura scene natalizie della coppia con il figlio Sean, e successivamente documenti della loro campagna di protesta contro la guerra del Vietnam si alternano a coristi dell'Harlem Community Choir che intonano il brano.

QUI il video uscito nel 2003, per stomaci forti: rilanciato da Yoko Ono, è una sequenza "senza via di scampo" di scene strazianti con le vittime della guerra, soprattutto bambini. Sarebbe da imporre come terapia (vedi Arancia Meccanica) ai diretti responsabili in ogni epoca...
Il video chiude con un monito del Mahatma Gandhi: «An eye for an eye will make us all blind» / «Occhio per occhio ci renderà tutti ciechi».



Happy Xmas (War Is Over)

[Happy Christmas, Kyoko]
[Happy Christmas, Julian]

So this is Christmas
And what have you done?
Another year over
And a new one just begun

And so this is Christmas
I hope you have fun
The near and the dear one
The old and the young

A very merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

And so this is Christmas
For weak and for strong
For rich and the poor ones
The world is so wrong

And so happy Christmas
For black and for white
For yellow and red ones
Let’s stop all the fight

A very merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

And so this is Christmas
And what have we done
Another year over
And a new one just begun

And so happy Christmas
I hope you have fun
The near and the dear one
The old and the young

A very merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

War is over
If you want it
War is over
Now
Buon Natale (la guerra è finita)

[Buon Natale, Kyoko]*
[Buon Natale, Julian]*

Così è Natale,
e tu cosa hai fatto?
Un altro anno se n'è andato
e uno nuovo è appena iniziato.

E così è Natale,
auguro a tutti di essere felici
alle persone vicine e a quelle care
ai vecchi ed ai giovani.

Buon Natale
e felice Anno Nuovo.
Speriamo sia un buon anno
senza alcuna paura.

E così è Natale,
per i deboli ed i forti,
per i ricchi ed i poveri,
il mondo è così sbagliato.

E così è Natale,
per i neri ed i bianchi,
per i gialli ed i rossi,
fermiamo tutte le guerre.

Buon Natale
e felice Anno Nuovo.
Speriamo sia un buon anno
senza alcuna paura.

E così è Natale,
con tutto quello che è successo.
Un altro anno se n'è andato
e uno nuovo è appena iniziato.

E così buon Natale,
auguro a tutti di essere felici
alle persone vicine e a quelle care
ai vecchi ed ai giovani.

Buon Natale
e felice Anno Nuovo.
Speriamo sia un buon anno
senza alcuna paura.

La guerra è finita
Se lo vuoi
La guerra è finita
Ora.


(*) All'inizio della canzone Yoko e Lennon augurano buon Natale ai figli Kyoko e Julian, nati da precedenti relazioni e dai quali all'epoca vivevano separati.


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Estremità virtuose



Quattro anni...


...quattro mani...


...e un "Piedich" :D



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Fabbriche di sogni




[Un dipinto] Fairies in a Bird's Nest (Fate in un Nido d'Uccello) di John Anster Fitzgerald.




[Un libro] La macchina del tempo di H. G. Wells. Romanzo di fantascienza senza... tempo: a 120 anni compiuti, il suo viaggio, destinazione anno 802701, è appena cominciato.
«Il Viaggiatore nel Tempo - sarà opportuno chiamarlo così - era intento a illustrarci un argomento molto oscuro. Gli occhi grigi brillavano vivaci; il volto, generalmente pallido, era acceso e animato. Il fuoco brillava allegro; il tranquillo riverbero delle luci incandescenti nei gigli d'argento colpiva le bollicine che apparivano e scomparivano nei nostri bicchieri. Le poltrone, brevettate da lui, ci abbracciavano e accarezzavano, senza cedere al peso del corpo; dominava quella piacevole atmosfera postprandiale, quando il pensiero vaga amabilmente libero dalle pastoie della precisione. E mentre ce ne stavamo lì seduti, in pigra ammirazione davanti all'ardore con cui illustrava il nuovo paradosso (tale lo consideravamo) e davanti alla sua eloquenza, così lui parlò sottolineando i punti principali con l'indice magro (...)».



[Un film] Alice attraverso lo specchio. Lo vedremo (se vorremo) dal 25 Maggio al cinema.




[Un corto] Luminaris di Juan Pablo Zaramella. Versione integrale, sei minuti:





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El Día de Muertos



Ognissanti, commemorazione dei defunti, e se vogliamo - viste le maschere e i costumi adottati - anche un pizzico di Halloween: "Día de Muertos", festa della tradizione cristiana in quel di Messico, è tutto questo. Dal 31 ottobre al 2 novembre, in America Centrale e Sud America si usa celebrare i morti in maniera decisamente diversa rispetto alle nostre usanze. Fiori in abbondanza e candele non bastano, il raccoglimento in memoria dei defunti è accompagnato anche da musica, danze, pietanze della tradizione locale e scaramantiche rappresentazioni della morte, per una festa in piena regola che punta a esorcizzare ogni tristezza.


Per le celebrazioni del Día de Muertos, festa dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 2003, è consuetudine allestire un altare dedicato ai propri cari defunti, solitamente un tavolo ornato con un panno bianco o carta velina su cui vi si posa cibo, bevande, immagini religiose, foto dei defunti, incenso, fiori e oggetti vari che appartenevano al defunto. Fiore protagonista è la calendula, perché fiorisce in questi giorni, ma soprattutto per il suo colore giallo... "vivo"; sulle tavole regna invece il "pane dei morti", basato su una semplice ricetta per pane dolce con semi di anice. A mezzogiorno del 31 ottobre arrivano le anime dei bambini (angeli), mentre quelle degli adulti verranno a farci visita l'indomani all'una.


Le origini del Día de Muertos risalgono al XVI secolo: quando gli spagnoli conquistarono il Messico, fusero i propri riti religiosi a quelli degli indigeni locali, accorpando le celebrazioni del giorno di Tutti i Santi. Per gli antichi mesoamericani la morte non aveva le connotazioni morali della religione cattolica, che ai trapassati assegna tre diversi percorsi (Inferno, Purgatorio e Paradiso) a seconda del loro comportamento in vita; loro destinavano l'aldilà in base al tipo di morte subita, e seguendo questo criterio assegnavano le anime a specifici livelli nei "Mondi Superiori" (in tutto tredici) o "Mondi Inferiori" (nove).

Mictlán. E' il livello più basso dei Mondi Inferiori, presieduto da Mictlantecuhtli e Mictacacíhuatl, signore e signora della morte. E' destinato alle morti naturali, sostanzialmente di vecchiaia. Luogo cupo, senza finestre, dal quale è impossibile uscire. Per giungervi, il defunto deve affrontare un duro viaggio, lungo quattro anni, dalla Terra a Mictlán, ma può contare sull'aiuto di Xólotl, guardiano dell'aldilà. Il Mictlán è una dimensione formata da nove luoghi distinti; nei primi otto i morti devono affrontare numerose lotte, mentre nel nono - il più profondo - possono godere del riposo eterno. Un aiuto al superamento del percorso veniva offerto da un cane sepolto con il defunto, che avrebbe aiutato l'anima ad attraversare un fiume fino ad arrivare davanti al dio Mictlantecuhtli (vedi immagine).

Tlalocan. E' il quarto livello dei Mondi Superiori, descritto in numerosi codici aztechi come un paradiso di infinita primavera, con abbondanza di verde e piante commestibili. E' governato da Tlaloc (immagine a destra), dio della pioggia e del fulmine, e dalla sua consorte Chalchiuhtlicue, dea dei laghi, dei ruscelli e di tutte le acque, oltre che della bellezza. Destinazione per coloro che muoiono in circostanze relazionate all'acqua: per annegamento, inondazioni, tempeste o folgorati dai fulmini; ma anche per malattie come l'edema, la scabbia o le pustole, per le persone fisicamente deformate e per i bambini sacrificati allo stesso dio Tlaloc.

Omeyocan. E' la sfera più alta dei Mondi Superiori, paradiso del sole, presieduto da Huitzilopochtli (immagine a sinistra), dio della guerra. In questo posto vi arrivano solo i morti in combattimento, i prigionieri sacrificati e le donne morte durante il parto: esse sono comparate ai guerrieri, poiché hanno simbolicamente compiuto una battaglia, e vengono seppellite nel patio del palazzo, affinché possano accompagnare il sole dallo zenit al tramonto. L'Omeyocan è un posto di godimento assoluto, nel quale si festeggia il sole con musica, canti e balli... tuttavia non è per sempre: le anime destinate all'Omeyocan, dopo quattro anni tornano al mondo convertite in uccelli dalle piume multicolori.


Chichihuacuauhco. E' un luogo speciale, un giardino che accoglie le anime dei bambini. Un grande albero, dai cui rami gocciola latte, nutre i bambini e continuerà a farlo fino alla fine della razza umana; quando gli esseri umani si estingueranno, questi bambini saranno rimandati sulla terra per ripopolarla.



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Ueitin' for Allouin*





La piccola Cindy Hinds (attrice) e David Cronenberg (regista) sul set di "Brood - La covata malefica" (1979)



Stanley Kubrick e Jack Nicholson sul set di "Shining" (1980)



David Cronenberg con Jeff Goldblum e Geena Davis, i protagonisti di "The Fly" (1986)


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(*) Must see for horror fans. Truculenti, ma pur sempre film. La realtà purtroppo supera la fantasia, basta guardare il canale di Salvini su YouTube...

Piove dalle nuvole sparse...


...su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude...


Chissà cosa avrebbe scritto D'Annunzio, se fosse vissuto nella nostra epoca. Immagino che si sarebbe trovato un po' a disagio, anzi, forse avrebbe persino cambiato mestiere. Già, perché ciò che accade al di sotto delle nuvole non fa più molta tendenza, ormai. Lo sguardo collettivo, oggi, si spinge oltre: là dove si perde. Dove nulla si vede perché nulla si vuole vedere. Alla ricerca di nuovi spazi da occupare, di alieni da assoldare, di buchi neri da rivendere, magari su Kijiji a 889 euro.

Riporto testualmente: «Il cielo. Ma a prendere il posto della luna c'è un buco nero, e attorno le stelle smarrite nel buio. E' un cielo che non accoglie: il "buco nero" è una sfera di cioccolato al 100%, ripiena di fave di cacao, amarissima. Le stelle, immerse in un vuoto altrettanto amaro e ancestrale, sono dunque l'unica cosa dolce, l'unico brillare? Nell'assaggiarle non si può che esserne delusi. Sono mandorle amare, e non danno alcun sollievo. E quindi le stelle, e non solo loro, si rivelano per quello che sono, niente più che delle enormi palle di fuoco incandescenti e senza alcuna poesia. E lo sguardo preferisce forse cercare la speranza nella dura terra, piuttosto che essere oppresso dall'infinita oscurità del cielo».

Almeno fosse cioccolato vero, e invece pare sia tutta ceramica :(

Ecco allora dove si perde la poesia: in tristi buchi neri. L'odierna "lacerazione poeticosmica", ahimè, non risparmia neanche il re dei sentimenti, affidato sempre più alle vibrazioni elettromagnetiche. Ciò che prima atteneva esclusivamente ai battiti del cuore, e che si esprimeva solo attraverso lo sguardo, la comunicazione verbale e il contatto fisico, oggi s'incastra nei circuiti delle protesi audio-video di cui ci siamo dotati. Effetto collaterale di quella che senza dubbio si può definire una vittoria della comodità (leggi pigrizia), è un'elevata "dispersione energetica". L'amore è sinonimo di passione, e quest'ultima contempla una buona dose di sforzo, sacrificio, in alcuni casi sofferenza, in tutti i casi carnalità: non puoi pensare di cavartela con uno scambio di battute via WhatsApp, o un patetico selfie da dare in pasto a Facebook per dimostrare al mondo che siete una coppia felice. A meno di non accettare il compromesso (direzione che abbiamo pericolosamente imboccato) della perdita di cui sopra, ma attenzione allo scotto: considerevole, perché ciò che si perde è proprio la poesia.

Nelle foto qui sopra manca qualcosa: l'oggetto incriminato, ovvero il dispositivo mobile. Lo smartphone non si vede ma "si sente", anzi, nella scena il protagonista è "lui", perché ha soffiato a entrambi - se non il titolo di oggetto del desiderio - buona parte della reciproca attenzione. Non c'è; così come viene a mancare, per l'appunto, la poesia di relazione.
Gli scatti, gelidi nell'intento e raggelanti nel risultato, sono parte del progetto "Removed", del fotografo Eric Prickersqill, che evidentemente la pensa come me.

Tornando alla poesia scritta... Ho digitato "scritta"? Già, scritta, e non "digitata". La differenza è abissale, e la rivoluzione più spietata è già in atto. In un futuro non lontano immagino che la scrittura verace, quella "chimica e fisiologica", che dalla mente cola dritta sul foglio, sarà definitivamente relegata allo stretto necessario. Quindi mi chiedo, cosa troveranno i miei pronipoti quando apriranno il loro bauletto dei ricordi? Non certo una poesia d'amore abbozzata su un foglietto, magari con più errori che cuoricini. E forse neanche una lettera, una cartolina illustrata o un biglietto d'auguri. Fotografie? Già oggi non le stampiamo più. Tutte cose che in passato avranno trasmesso e ricevuto solo via etere, e che - se anche le conservassero su microchip o nei server online - non potranno mai toccare con mano, odorarne il profumo, scorgervi l'usura del tempo e dedurne la relativa preziosità. Non gli sarà dato percepirne, in sostanza, la vera poesia.

Sicché, caro Gabriele, nel caso ti capitasse di risorgere, temo che ti toccherà riconsiderare il tuo ruolo. Come vedi, il concetto di poesia è un tantino diverso, oggi, rispetto al tuo. Tuttavia, sono certo che un talento del tuo calibro non avrebbe difficoltà ad adeguarsi. Ad esempio, potresti dedicarti alla ceramica d'arte, e lanciarti nel business dei "buchi neri"; o sfruttare l'estro nello sviluppo di accattivanti App per dispositivi mobili. Ma se proprio vuoi insistere nella letteratura, orgoglioso dei tuoi precedenti, almeno riedita le vecchie poesie per le nuove generazioni. Che ne dici di: «Piove dai cloud online, sull'iPhone che oggi t'illude, e che maledirai...»?


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P.S.: Ai "provetti" poeti, sedicenti artisti e venditori di fumo che bazzicano nel web, consentitemi invece di riservare un'altra dritta, riciclata dalla rete stessa:

Auguri, Mr. Cavadi!




Il 2 Ottobre 1950 negli Stati Uniti nascevano i Peanuts: Charlie Brown, Snoopy & Co., gli adorabili personaggi immaginati da Schulz, destinati a contagiare il mondo con la loro filosofia tutta particolare.

Ma noi siamo sempre un passo avanti: nello stesso giorno, qui in Italia, un analogo desiderio di partecipazione s'incarnava in un altrettanto adorabile personaggio, la cui preziosa filosofia non smette di illuminarci e riscaldarci ogni giorno, generosamente...



Augusto Cavadi, Mosaici di saggezze - Filosofia come nuova antichissima spiritualità - Link QUI



Buon Compleanno,
caro Augusto, da un nuovo antichissimo amico.


DOC

Maestri di sopravvivenza: i tardigradi


Specie animale scoperta nel 1773 dal biologo tedesco Johann August Ephraim Goeze, quelli che lui chiamò "orsi d'acqua" furono ufficialmente battezzati "tardigradi" tre anni dopo da Lazzaro Spallanzani, il naturalista italiano meglio ricordato come "padre scientifico" della fecondazione artificiale.
Il riferimento è al latino tardigrădus (tardus 'lento' + gradi 'camminare'), ovvero esseri che si muovono lentamente. Se a questa definizione associamo un aspetto da goffi orsetti brutticelli e paciocconi, tutto fa pensare ad una specie un po' sfigata, poco evoluta e vulnerabile. E invece...


Niente paura, il soggetto qui in foto misura appena mezzo millimetro; sicchè, se decidesse di condividere con voi una bella nuotata, non ve ne accorgereste nemmeno. Sono proprio le dimensioni, a rendere ancora più sorprendenti le qualità di questo essere prodigioso. Ma procediamo per gradi (o meglio, per tardigradi), e scopriamo insieme le eccezionali caratteristiche di questi nostri compagni d'avventura, al cui confronto - per certi versi - noi umani rischiamo d'arrossire.


Classificazione - Invertebrati, oltre mille specie diverse finora registrate.

Descrizione - Le dimensioni variano tra la punta e la testa di uno spillo, ossia tra 0,1 mm e 1,5 mm. Sono organismi eutelici (hanno cioè un numero di cellule costante durante il corso della vita; gli individui possono accrescersi solo per volume e non per mitosi). Hanno quattro paia di zampe, che in molte specie marine sono parzialmente retrattili con un meccanismo telescopico, e artigli retrattili in numero generalmente compreso tra 4 e 8 per zampa.


Habitat - I tardigradi sono diffusi in tutto il pianeta. Vi sono specie marine, terrestri e adattate alle acque dolci. Sono stati osservati in tutti i continenti, dall'equatore ai poli, e a tutte le altezze, dalle zone oceaniche abissali profonde 4000 metri, ad altezze superiori ai 6000 metri in Himalaya. Possono essere considerati essenzialmente animali acquatici, in quanto anche le specie terrestri vivono all'interno di strati d'acqua che possono avere lo spessore appena sufficiente per ospitarli. Sono comunque in grado di resistere per tempi lunghissimi al disseccamento o al congelamento.

Respirazione - La respirazione è esclusivamente cutanea. Le piccole dimensioni, e quindi l'elevato rapporto superficie/volume, rendono infatti superfluo un apparato respiratorio. Sono in grado di sopravvivere anche in assenza di ossigeno.

Alimentazione - La maggior parte delle specie si nutre di cellule vegetali. Vi sono però anche forme predatorie, il cui cibo è fornito da Protozoi, Rotiferi, Nematodi e anche da altri tardigradi. Se vi sono costretti, i tardigradi possono sopravvivere per quasi un decennio in condizioni di totale disidratazione e senza cibo.

Riproduzione - In prevalenza la riproduzione è a sessi separati, anche se si conoscono specie ermafrodite e partenogenetiche. La femmina può deporre da 1 a 35 uova, dalle quali, dopo un periodo che può variare da 5 a 40 giorni, esce un individuo già formato come un adulto.


Resistenza alla temperatura - Caldo: resistono ad altissime temperature, per pochi minuti anche a 150 °C. Freddo: resistono a -200 °C per giorni, e fino a -272 °C per pochi minuti.

Resistenza alla pressione - Possono resistere alla pressione estremamente bassa del vuoto e anche a pressioni molto elevate, fino a 1.200 volte la pressione atmosferica.

Resistenza alle sostanze chimiche - Possono resistere a sostanze chimiche con alti valori di acidità, basicità o salinità. 

Resistenza ai raggi X - Possono resistere a livelli di radiazione a raggi X pari a mille volte quelli sopportabili dall'essere umano.

Resistenza ai raggi UV - Possono resistere alla piena esposizione ai raggi solari nello spazio, che è anche mille volte superiore a quella terrestre.


Resistenza nello spazio - Nel settembre del 2007 il satellite russo Foton-M3 ha stazionato nello spazio per 12 giorni; tra i vari esperimenti a cui era destinato, promossi dall'ESA (Agenzia Spaziale Europea), c'era un test di resistenza dei tardigradi, che si è concluso con esiti a dir poco sbalorditivi. Ad una parte di esemplari è stata "concessa" la sola protezione ai raggi UV: di questi il 68% è sopravvissuto, e in parte si sono persino riprodotti, dando vita ad embrioni sani al rientro sulla Terra. Ma c'è di più: sono rimasti vivi anche tre degli esemplari esposti senza alcuna protezione all'effetto combinato di vuoto e radiazioni solari.


I tardigradi sono quindi a tutti gli effetti i primi - e per ora gli unici che si sappia esserne capaci - organismi animali sopravvissuti nello spazio aperto, ovvero a temperature, pressioni e radiazioni ultraviolette letali a qualsiasi altro essere vivente.
Ma qual è il loro segreto? Ad oltre 240 anni dalla scoperta, sui tardigradi si sa molto, ma ancora troppo poco. Si sa, ad esempio, che in condizioni ambientali estreme, essi riducono al minimo tutte le attività del proprio metabolismo, e per minimo s'intende anche meno dello 0,01%. Questa "quasi morte", autoindotta, preserva unicamente quel labile soffio di vita che in vita gli consente di restare, scongiurando peraltro ogni rischio d'estinzione (sono stati ritrovati fossili risalenti a 530 milioni di anni fa). Su altri aspetti, questi organismi presentano ancora oggi parecchi lati oscuri, e gli studiosi possono solo avanzare delle ipotesi: non si spiega, ad esempio, la loro resistenza a livelli così alti di radiazioni ultraviolette.
Gli studi proseguono, così come gli esperimenti su di essi: un secondo lancio nello spazio, commissionato da scienziati italiani, ha permesso di testarne nuovamente la resistenza nel 2011, a bordo della ISS (la stessa Stazione Spaziale Internazionale che pochi mesi fa la nostra valente Samantha Cristoforetti ci mostrava in Tv). Anche in questo caso, microgravità e radiazioni non hanno influenzato significativamente la sopravvivenza dei tardigradi ospiti.


Per finire, con tali presupposti, poteva forse mancare una reazione/speculazione da parte dell'immaginario collettivo? Certo che no. C'è chi sostiene (scienziati compresi) l'ipotesi che i tardigradi provengono dallo spazio profondo (ovvio: lo spazio contiene praticamente tutto); chi gli dedica un apposito sito web (magari solo per vendere scadenti e-book); chi li erige ad oggetti di culto (e ti pareva); chi ne fa personaggi per improbabili e pittoreschi scenari (vedi di seguito, immagini da internet).


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Proserpina e il contRatto stagionale



Ritratto di Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 7 dicembre 1598 - Roma, 28 novembre 1680), scultore, architetto e pittore, sulla banconota da 50.000 lire (01/12/1992 - 28/02/2002).

Credo che davanti a certi capolavori ci si possa esprimere solo con ossequioso silenzio contemplativo. Credo altresì che il Ratto di Proserpina di Bernini rientri a pieno titolo tra questi, così mi limiterò a riportarne alcune immagini (misera condivisione, ma spero che chiunque - compreso il sottoscritto - possa goderne prima o poi dal vivo) corredate da brevi note esplicative.


Il Ratto di Proserpina è un gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini esposto nella Galleria Borghese di Roma. Fu commissionato da Scipione Borghese ed eseguito tra il 1621 e il 1622, quando l'artista aveva solo 23 anni.


Il soggetto è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio e legato al tema del ciclo delle stagioni. Proserpina, figlia di Giove e Cerere, fu notata da Plutone, Re degl'Inferi, che, invaghitosi di lei, la rapì mentre raccoglieva fiori al lago di Pergusa presso Enna. Cerere, per il dolore, abbandonò i campi, causando una gravissima carestia. Giove, quindi, intervenne trovando un accordo tra Plutone e Cerere anche grazie alla mediazione di Mercurio: Proserpina avrebbe trascorso sei mesi con la madre favorendo l'abbondanza dei raccolti mentre, per i restanti mesi dell'anno, quelli invernali, sarebbe rimasta con Plutone nell'Ade.


L'opera di Bernini, capolavoro di scultura barocca, ha un punto di vista privilegiato, ovvero quello frontale, che rende riconoscibili i personaggi e comprensibile la scena. L'azione è colta al culmine del suo svolgimento e offre all'osservatore il massimo del pathos: le emozioni dei personaggi sono infatti perfettamente rappresentate e leggibili attraverso la gestualità e l'espressività dei volti. Il corpo di Plutone è possente e muscolare e la sua virilità è evidenziata dalla folta barba e dai capelli. I movimenti degli arti e delle teste sono accentuati dal moto dei capelli e del drappo che scopre il corpo giovanile e sensuale della Ninfa, sul cui volto, rivolto all'indietro, è visibile una lacrima.


Dietro Plutone, il cane Cerbero controlla che nessuno ostacoli il percorso del suo padrone, girando le sue tre teste in tutte le direzioni.


Proserpina lotta inutilmente per sottrarsi alla cattura di Plutone spingendo la sua mano sul volto del dio, il quale, invece, la trattiene con forza, affondando letteralmente le sue dita nella coscia e nel fianco della donna.


In chiusura una promessa: verrò ad ammirarti, Proserpina, Plutone permettendo! Mi sono già appuntato il sito web per la prenotazione, visto che è obbligatoria (i turisti occasionali fanno schifo?): http://www.galleriaborghese.it


DOC


P.S.: Dimenticavo un dettaglio... Nella prima foto, dopo la banconota, le statue sullo sfondo si scambiano messaggi d'amore via cell. Pare che di notte, non viste, si scollino dal maledetto basamento per abbracciarsi :-)

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