P... ossessione
Nei dieci comandamenti della tradizione cattolica spunta solo al nono posto: «Non desiderare la donna (e l'uomo, N.d.A.) d'altri». Ma chi stilò quel decalogo, si rese saggiamente conto che non poteva bastare. Il concetto astratto della "possessione" meritava maggiore attenzione, maggiore sostanza. E una consistenza più terrena, che abbracciasse la sfera delle cose inanimate, senza però creare confusione (il problema della donna/uomo-oggetto si poneva già allora, a quanto pare).
Come rimediare, senza incedere nell'equivoco e senza scombinare l'ordine già assegnato ai comandamenti precedenti? La soluzione arrivò dalla cifra tonda, quel numero dieci che cita: «Non desiderare la roba d'altri».
Come rimediare, senza incedere nell'equivoco e senza scombinare l'ordine già assegnato ai comandamenti precedenti? La soluzione arrivò dalla cifra tonda, quel numero dieci che cita: «Non desiderare la roba d'altri».
A guardar bene, nono e decimo fanno il processo all'intenzione di un'azione già "condannata" nel settimo: «Non rubare». Se il pallottoliere non mente, l'insieme di tre comandamenti su dieci eleva la possessione sul podio delle tentazioni, aldilà delle singole posizioni assegnate.
Uno tra i primissimi ricordi d'infanzia mi restituisce fotogrammi di me e mio fratello che all'asilo litigavamo per accaparrarci l'unico barattolo di mattoncini Lego (pubblicità esplicita, anche se nessuno mi paga: non credo che esista un gioco migliore, per stimolare la crescita dei bambini).
Una metafora per un quesito: quanto è cresciuta, e quanto è matura, oggi, la nostra civiltà? Non sono forse all'ordine del giorno, le guerre tra "fratelli", generate da un - in questo caso - maledetto e non contenuto istinto di possessività? Nel terzo millennio (ma siamo appena agli inizi) tutto è stato conquistato, abbiamo persino creato mondi paralleli (web) dove sgomitare, Marte teme già i nostri avidi sguardi, eppure continuiamo a desiderare tutto ciò che non ci appartiene, in un'arsura che anzichè placarsi gioca al rialzo.
Una metafora per un quesito: quanto è cresciuta, e quanto è matura, oggi, la nostra civiltà? Non sono forse all'ordine del giorno, le guerre tra "fratelli", generate da un - in questo caso - maledetto e non contenuto istinto di possessività? Nel terzo millennio (ma siamo appena agli inizi) tutto è stato conquistato, abbiamo persino creato mondi paralleli (web) dove sgomitare, Marte teme già i nostri avidi sguardi, eppure continuiamo a desiderare tutto ciò che non ci appartiene, in un'arsura che anzichè placarsi gioca al rialzo.
Ecco allora che giungo ad una ulteriore, estrema considerazione. Non è l'istinto di sopravvivenza a favorire la continuità della nostra specie, e tantomeno a guidarne l'evoluzione. Il maschio cerca la femmina perchè lei possiede ciò che lui non ha. E viceversa. Tant'è che si cercano anche quando sanno che l'uno o l'altra non potrà dargli/le dei figli, o del piacere sessuale. Senza tirare in ballo "yin" e "yang", credo che la donna abbia molto più da dare e insegnare all'uomo rispetto che un individuo del suo stesso sesso. Formula che ovviamente funziona anche al contrario, con l'uomo che dà e la donna che riceve, e in ogni caso gli scambi avvengono simultaneamente, come su un'autostrada a doppio senso.
L'omosessualità? Non fa eccezione, anzi, conferma la teoria: se una donna è attratta dalle donne, è perchè in queste, più che nei maschi, trova risposta il suo bisogno di crescita e completamento, ovvero riesce ad entrare in possesso di ciò che le manca. E tra uomini il concetto non cambia.
L'omosessualità? Non fa eccezione, anzi, conferma la teoria: se una donna è attratta dalle donne, è perchè in queste, più che nei maschi, trova risposta il suo bisogno di crescita e completamento, ovvero riesce ad entrare in possesso di ciò che le manca. E tra uomini il concetto non cambia.
Chiudo con un ultimo postulato: nelle più intense relazioni sentimentali, è ancora una volta l'istinto alla possessione a dominare i giochi. Nella sua accezione negativa assume le sembianze della gelosia, e allora ci tocca il confessionale... Ma laddove regna l'armonia, "amore mio" non sarà mai una bestemmia.
DOC
Commenti
Io lo interpreto come: sei tu la persona per cui provo amore.
.... E che amore sia, qualunque ne sia la molla iniziale, che secondo me resterà avvolta nel mistero.
Molti dicono che la gelosia non fa parte dell'amore, perché è solo brama di possesso. Ma, mi chiedo io, siamo sicuri che la linea sia così sottile? Per quanto mi riguarda, se un uomo che amo mi ricambia e decide di avere una relazione seria con me, Lui diventa MIO. E guai a chi pensa anche solo lontanamente di potermelo adescare!
Smania di possesso? Forse... ma se uno/a non è possessivo nei confronti di cose/denaro, ma solo con l'anima gemella, direi che si tratta banalmente di paura: paura di perdere l'amore!
E per quanto riguarda la mancanza di fiducia dico sempre: non è che non mi fidi di Lui... non mi fido delle ALTRE!
Mi associo alle riflessioni di Curly e Vele: è vero, l'aggettivo mio sta a sottolineare l'unicità della relazione d'amore tra due esseri umani.
Un abbraccio.
@Curly - La tua interpretazione mi trova pienamente d'accordo. Che amore sia, dunque, in ogni caso. Ciao, grazie.
@Vele - Anch'io ti confesso di non resistere alla gelosia. Non che non mi fidi di lei, ma degli altri (la tua presa di posizione è così bella che l'ho già fatta "mia" :) Ciao, un abbraccio.
@Maruzza - Credo che nessuno possa sentirsi completo senza il "suo" amore: nasciamo a metà, e viviamo alla costante ricerca dell'uno. Grazie per i complimenti, bedda. Buona serata.