Le stanze dei giochi



Nella fragile dimora dei miei ricordi, sui pianerottoli semplici dell'infanzia, c'è un corridoio circolare che ospita le stanze dei giochi. Tra le sue pareti umide di nostalgia da latte mi accingo a rispolverare i balocchi più significativi della mia fanciullezza, quelli che all'epoca ispirarono voli d'immaginazione contribuendo a formare l'adulto. Sarà piacevole sbirciare oltre le porte incastonate in quegli ambienti barocchi, appena socchiuse proprio per evitare che una lecita ma crudele evoluzione separi del tutto il bambino cresciuto da quello raggiante di spensierato desiderio di non crescere.
Un riverbero di canzoni e motivetti fine anni '70 si fonde con profumi di ciambelle, mentre la tiepida luce diffusa dalle finestre si sdraia su soffici tappeti di coriandoli. Dirigendomi verso la prima stanza, i vestiti che indosso si fanno sempre più larghi. Dall'interno una voce bianca mi invita al gioco... Vieni, entriamo.



FORME E COLORI


Guarda guarda... il barattolo di costruzioni (così chiamavo i mattoncini colorati) che condividevo con mio fratello, all'asilo. Era in assoluto il mio gioco preferito, ci componevo davvero di tutto. E anche i chiodini, passavo un sacco di tempo a inventare mille figure... dovevo solo obbedire alla raccomandazione di mamma di non metterli in bocca. Che dire poi della plastilina? Poter dare una forma alle mie fantasie era proprio ciò che desideravo. I colori duravano poco, solitamente li impastavo tutti insieme nell'ingordigia di avere un unico blocco da modellare, anche se la tonalità scura che ne risultava era piuttosto sgradevole. Tra l'altro lasciava le mani unte, ne rammento ancora l'odore ed il sapore (non che la mangiassi, ma si sa che le mani di un bimbo prima o poi finiscono in bocca).



A TUTTO TONDO


Ricordo che un pomeriggio giocavo con le biglie di vetro sul pavimento del salotto insieme ai miei fratelli, quando un'orda di vicini coalizzati e imbufaliti si presentò alla porta lamentandosi animatamente per il rumore che producevano. Adottammo un tappeto, ma non era più la stessa cosa: a me il "tac tac" delle palline che rimbalzavano piaceva molto, e poi il tessuto le frenava dimezzando il divertimento. Con le palle magiche che non smettevano mai di saltare il problema era che potessi rompere qualcosa, così spesso ci giocavo all'aperto, tornando a casa immancabilmente senza. Le bolle di sapone erano invece un acquisto obbligatorio quando andavo al mercato con la mamma, pena una lagna infinita. Ma c'era anche una versione casalinga abbastanza soddisfacente: detersivo per i piatti in un po' d'acqua, e tubetto di penna Bic per soffiarle.



ANTROPOMORFI


Se le femminucce giocavano con le Barbie, non è detto che io dovessi per forza adottare Ken: troppo bacchettone per i miei gusti. Preferii Big Jim, se non altro schiacciandogli la schiena tirava una manata di Kung-fu (il Mister Hook che era in me cominciava a dare segno di sè). Più versatili per varietà di personaggi e accessori a disposizione erano senz'altro i Playmobil, ometti di plastica dura che rivestivano diversi ruoli scimmiottando la nostra società. Peccato che fossero così limitati nei movimenti: se gli giravi troppo un braccio ti restava in mano, e alla lunga andava a finire che rappresentavano una società di storpi. Green Baron, al contrario, pareva indistruttibile. Buona imitazione di Jeeg Robot, i suoi componenti erano calamitati, aveva un'ottima dotazione di armi intercambiabili (sparava pugni e missili a molla) e si poteva anche trasformare in una sorta di centauro.



IO, SCIENZIATO PAZZO


Questa stanza contiene perlopiù giochi pericolosi, per cui si raccomanda di non replicarli a casa propria. Ad esempio adoravo improvvisarmi piccolo chimico, miscelando in un bicchiere sostanze di diverso tipo per vedere ciò che ne sortiva. Un giorno accadde che l'intruglio cominciò a scottare, forse in qualche composto c'era della soda caustica o che so io... dalla paura gettai subito tutto nel wc. Esperimenti altrettanto audaci erano quelli con il fuoco: scoprire il potere che la luce magica della fiamma aveva sui diversi materiali mi affascinava molto. Non ero il tipo di bambino che rompeva i giocattoli per scoprirne il meccanismo, ma quando diventavano inutilizzabili ne ricavavo molle, motorini e parti meccaniche che conservavo in un cassetto. Spesso mi divertivo ad inventare nuovi oggetti mettendo insieme pezzi diversi e sfruttando l'energia elettrica (fortunatamente non superiore ai 12 volts).



FIGURE PARLANTI


Per illustrare quanto i fumetti di Topolino siano stati per me divertenti e istruttivi, dovrei impiegare fiumi di parole... Basti pensare che grazie ad essi imparai a leggere e a scrivere prima ancora di andare a scuola. Il mio albo preferito faceva parte della collana dei Classici, per intenderci quelli più corposi, e si chiamava "L'inferno di Topolino": una parodia dell'inferno dantesco con i personaggi Disney, così ben fatta da diventare un vero e proprio cult. Tra i miei passatempi stampati non potevano mancare le mitiche figurine... Ricordo che completai vari album, soprattutto (ancora una volta) Disney, a differenza di molti maschietti miei coetanei che collezionavano unicamente quelle dei calciatori. Restando nella bidimensione, ai cartoni animati dedicavo più tempo che a qualsiasi altra "attività". Anche qui dovrei aprire una sezione a parte...



IO, AGENTE SEGRETO


Decifrare codici, seguire tracce, utilizzare strumenti ingegnosi... Da piccolo spesso indossavo i panni della spia, il più delle volte spalleggiato da un valido collega (mio fratello). Fondamentale fu "Il manuale del giovane agente segreto", frutto dell'investimento di un piccolo salvadanaio. Tra le sue pagine la mia immaginazione trovò il terreno fertile più adatto per quel "mestiere". Lettura altrettanto ispiratrice era il "Manuale delle Giovani Marmotte": nelle varie edizioni, rivolte soprattutto ad aspiranti boy-scouts, Qui Quo e Qua dispensavano preziose dritte anche di natura investigativa, mentre lo zio Paperinik, negli albi a fumetti, stimolava la mia fantasia in quella direzione con i geniali "optional" che gli forniva l'inventore Archimede.
Anche "Il Giornalino" fece la sua parte, sia con servizi e storie a tema, sia con originali gadget allegati.



PARTECIPAZIONE


I dadi da gioco rappresentano il comune denominatore degli elementi contenuti in questa stanza, insieme al requisito fondamentale: essere almeno in due. I giochi da tavolo (o giochi di società) più conosciuti li ho sperimentati tutti, a partire dal capostipite, ovvero il "Gioco dell'Oca". Appena ne fui in grado, mi cimentai a progettarne alcuni di mia invenzione approfittando del funzionamento piuttosto semplice. Al "Monopoli" è invece associato il ricordo del primo giorno in cui mi ci confrontai, o meglio, della notte seguente, tormentata dal carico eccessivo di nozioni e regole che dovetti assorbire rapidamente (forse ero ancora troppo piccolo). Altra pietra miliare di questa categoria fu il "Risiko", ottimo mix di strategia e fortuna ai dadi che come i precedenti si rivelò un buon diversivo per trascorrere piacevoli serate in compagnia di amici, più spesso dei miei fratelli.



GLI STRIZZACERVELLO


Qui sarà meglio parlare sottovoce, il bambino si sta lambiccando nella risoluzione di complicati rompicapo e non è il caso di distrarlo. Guarda, su quel mobile c'è lo spaccaquindici, te lo ricordi? All'originale seguì un'infinità di versioni, alcune con figure da comporre anzichè numeri da riordinare. Peccato che una volta imparato il meccanismo perdevano parte del loro fascino. Un po' come accadeva con i puzzle, mi divertivo un mondo a districarmi tra tutti quei tasselli, ma dopo averli completati, anche se passava diverso tempo, non trovavo più gusto a ricomporli nuovamente. Con il cubo di Rubik (o cubo magico, come mi piaceva chiamarlo), ogni volta era invece una nuova sfida. Ero capace di assemblarne i colori qualunque fosse la combinazione in cui si trovavano mescolati. No, non ero un bimbo prodigio, semplicemente imparai a farlo grazie ad un libretto che ne svelava i trucchi, andato poi perduto. Cercavo sempre di superarmi nella velocità, il mio record mi pare fosse di un minuto e mezzo. Lo portavo perfino a scuola (terza elementare?), finchè un giorno la maestra lo vide e me lo sequestrò chiudendolo nel cassetto della cattedra. A fine lezione, ad aula vuota, lo recuperai. Il giorno seguente la maestra s'infuriò perchè "mai e poi mai avrei dovuto permettermi di mettere le mani nel suo cassetto". Ribattei che non trovavo giusto che lei s'impossessasse* della mia roba. Ne conseguì un'imbarazzante chiamata dei genitori, che però non mi fecero pesare la cosa più di tanto (yep!).



L'USCITA? PER DI QUA


Tra le inevitabili omissioni: automobiline, giocattoli a molla, battaglie navali, fionde improvvisate, carte da gioco, sorprese Kinder, aerei di balsa, trottole, yo-yo, aquiloni, cerbottane, scacchi e dama, carta e penna, eccetera eccetera. C'è da considerare inoltre che nelle mani di un bimbo qualsiasi oggetto diventa un giocattolo: un tappo di bottiglia come un rocchetto o una moneta... passatempi in parte superati dal significativo ingresso dell'elettronica in questo campo. Questa piccola avventura volge al termine, ma prima di salutare le stanze, lascia che ti ringrazi per la visita: i compagni di giochi non sono mai abbastanza.



DOC


(*) Sei "esse" in un sol verbo mi fanno riflettere: chissà cosa provano gli amici d'oltralpe quando si mettono a "giocare" con la nostra bellissima lingua.

Commenti

Pippicalzelunghe ha detto…
Che bello hai trascorso una bella infanzia...per noi femminucce c'erano altri giocattoli.Ma io ho sempre giocato al'aria aperta con cose improvvisate...mio padre sembrava mio fratello e mi ha costruito una casetta in un albero di quercia.La casetta esiste ancora e la conservo con cura è un ricordo di un padre meraviglioso!!!(come va con le sigarette Peter?)
Mari da solcare ha detto…
Chiodini, biglie di vetro, bolle di sapone. Poi "Il Giornalino", Topolino, il cubo di Rubik e gli esperimenti di chimica: dr.Peter, ho condiviso i giochi della tua infanzia. E, soprattutto, ho condiviso il tuo stesso incanto: l'essere figlia e sorella e il calore di un nido. Quando il nido si sfalda e l'infanzia finisce, a volte non c'è copertina di Linus che possa scaldarti...
La scommessa è far vivere, anche a settant'anni, il bambino dallo sguardo sereno che è dentro di noi.
Bel post. Grazie.
@Pippi - Casetta sulla quercia? Ma allora sei davvero Pippi Calzelunghe! Grazie per la visita alle stanze... (Sigarette? Quali sigarette? Ciao).

@Maruzza - E' vero ciò che dici, ma è vero anche che a volte la popertina si ritrova anche a 40 anni, perfino a 70. Saluti, compagna di giochi. Grazie a te.
Anonymous ha detto…
Ho lasciato un commento ma non me l ha salvato!!!!!
Lucapan
Anonymous ha detto…
Caro Doc,
ho letto con rapimento emotivo tutto il tuo flash-back di ricordi legati ai giochi dell'infanzia..... Io adoravo le biglie di vetro e mi piaceva lo spaccaquindici, ma ai playmobil preferivo gli animaletti e le costruzioni dei "Fabuland", coi quali mi inventavo improbabili sceneggiature di cartoni animati a puntate, con tanto di ambientazioni naturali reali: la spiaggia, il giardino, gli scogli..... Una volta il mare mi portò via la piccola mucca e il coniglietto Bonnie.... ma il giorno dopo me li restituì entrambi, avvolti tra ciuffetti d'alga e sabbia!!!
Leggevo "Topolino", soprattutto mentre pranzavo. Me lo mettevo davanti e lo preferivo alla tv.... Grazie per questi salti nel passato, che passato non è se lo porti sempre dentro come un ricordo eterno. Anzi, sai che c'è??? vado in soffitta a riprendere qualche vecchio numero di Topolino...
Un abbraccio,
Lucapan
@Lucapan - Ah Ah! Bellissima la storiella della mucca e il coniglietto... Un abbraccio a te, presto i nostri giochi potranno riprendere un po'.
Pippicalzelunghe ha detto…
Sì un po Pippicalzelunghe lo sono,sono stata libera e diversa dalle altre bambine,ho avuto una famiglia alternativa...della serie "io speriamo che me la cavo".Ora sono grande e felice,penso che il rispetto e la libertà di pensiero sia un bel sentimento.Sono sbadatissima,vivo in una casa sgangherata con Paolone un fratellone di un quintalone che quello che tocca rompe!!!Ho ciccio riccio Uga la tartaruga Puzzolo il gattone e Carletta la ghometta mi manca solo una scimietta!!!
Vele Ivy ha detto…
Che bello questo post, l'ho divorato!
Io non avevo la plastilina, la mia generazione è stata tirata su con il didò :-) Una volta l'ho messo nella pentola senza che mia mamma se ne accorgesse e la minestra è diventata di un verde inquietante...
...ma il ricordo più bello è stato quando Babbo Natale mi ha portato un kit per fare il fiori di didò: uno dei Natali più belli della mia vita ^____^
E che dire dei Topolino? Mitici, mi hanno insegnato tante cose, che ricordi meravigliosi delle ore passate a sognare su quelle pagine a fumetti!
@Pippi - Buon Ferragosto alla bella e variopinta compagnia. Ciao.

@Vele - Bentornata dalle vacanze, girellona. Se un giorno dovessi invitarmi a pranzo, spero che tu non mi offra del minestrone al Didò... :) Buon Ferragosto, anche allo gnomo.
Gabriella ha detto…
Ciao Doc,

evviva il bambino che c'è in noi, la nostra fonte inesauribile d'entusiasmo, trattiamolo bene.
Bellissimo il post, è veramente magico ritrovare i giochi dell'infanzia.

Buon ferragosto.

Gabriella
@Gabriella - Grazie della visita, del commento, di tutto insomma. Torno a... giocare. Ciaoo

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