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Visualizzazione dei post da maggio, 2011

Che mondo meraviglioso!


"What a wonderful world", Louis Armstrong


Che mondo meraviglioso

Vedo alberi verdi, anche rose rosse
Le vedo sbocciare per me e per te 
E fra me e me penso, che mondo meraviglioso

Vedo cieli blu e nuvole bianche
Il benedetto giorno luminoso, la sacra notte scura 
E fra me e me penso, che mondo meraviglioso

I colori dell'arcobaleno, così belli nel cielo
Sono anche nelle facce della gente che passa 
Vedo amici stringersi la mano, chiedendo "come va?" 
Stanno davvero dicendo "Ti amo"

Sento bambini che piangono, li vedo crescere
Impareranno molto più di quanto io saprò mai 
E fra me e me penso, che mondo meraviglioso 
Sì, fra me e me penso, che mondo meraviglioso

Louis Armstrong

*     *     *

DOC, nel giorno del mio 40° compleanno

Albachiara nel rifugio


TIMIDEZZA


EFFUSIONE


VERTIGINE


CALORE


CORAGGIO


PROFONDITA'


PAURA


ILLUMINAZIONE


PRESA DI COSCIENZA


CONSAPEVOLEZZA


CONDIVISIONE


DOCTOR PETER vs. MISTER HOOK


DOC

Dio non ha creato il male



Passaparola.

DOC

Schiena per mantello, cervello per cappello



Le risposte che cerchiamo si nascondono nei buchi del nostro corpo. I nei separano le orizzontali dalle verticali.

L'odio l'ho starnutito da piccolo, spero non abbia contagiato nessuno con la sua stupidità.

Una faccia, quattro sensi: per coordinarli ci vuole tatto.

Le orecchie? Valvole: una soffre d'amore, l'altra di gelosia. Otite bilaterale, conseguenza di un tuffo coraggioso. Ben mi sta.

Se i dàini usassero la nostra pelle per i loro parabrezza, i vetri si sporcherebbero di più.

Sarei niente senza il niente che mi sta accanto. Nessuno muore mai, o è troppo lontano.

L'uomo cybernetico lo riconosceremo per la totale assenza di ghiandole.

L'amaro delle lacrime è il primo sapore che scopriamo, assieme al dolce del latte.

Non serve un genio dell'economia per capire che l'andamento delle borse (sotto gli occhi) dipenderà dagli investimenti in Bot(ulino).

Indipendentemente dal sesso che ci contraddistingue proveniamo tutti da un ventre femminile. La nostra stella è un ombelico.

C'è un'infinità di esseri simili a noi che scansiamo solo per proteggerci, in base alla prima impressione che ci facciamo (e non "che ci fanno"). Mondi perduti. La fine prima del principio.

Un passo, due, tre. Che tempo fa? Le nuvole si spostano, cancellano il cielo, lo dipingono. Quattro, cinque... Sei. Il mondo appiccicato alle suole. Mi tolgo le scarpe, il terreno sotto di me è caldo. I jeans hanno voglia di correre. La consistenza della materia non mi preoccupa, mi lancio. Sempre più veloce. Le gambe non bastano. Uso zampe anteriori. Peter Panther sfreccia nella notte, divora distanze, abbandona il terreno per evolversi in qualcos'altro, che di terreno ha poco. Il suo volo è breve, ma raggiunto, ottenuto, forse addirittura realizzato.

«Amore, mi manchi un casino» disse Adamo ad Eva, privato di una costola.

Due sopraccigli, due occhi, due cornee, due iridi, due pupille, due zigomi, due guance, due orecchie, due lobi, due narici, due clavicole, due capezzoli, due polmoni, due spalle, due scapole, due braccia, due gomiti, due polsi, due mani, due gambe, due cosce, due ginocchia, due polpacci, due caviglie, due piedi... Due palle!!! (E neanche due ali).

Abbraccio il mondo, e le mie mani si toccano per quanto è piccolo. Un pallone da spiaggia. Galleggia lieve nell'aria, e mentre gira mi mostra tutti i suoi colori. Te lo passo. Prendilo.

Quel pomeriggio uscii dal barbiere con dieci anni di capelli in meno. Chiudendomi la porta alle spalle volsi meccanicamente lo sguardo al pavimento: «Resta una parte di me, quella più vicina al nulla»*.

Perchè sei così lontana, Luna? Ti guardo e mi susciti tensioni verticali... Allungo anche le braccia, ma il sogno comincia dove finiscono le mie dita. Ti amo.

Tre gattini, uno nero, un altro pezzato e il terzo. Non hanno niente da mangiare, ma hanno l'universo dentro. Io non sono capace di fare le fusa per chiedergliene un pezzetto. Sono troppo orgoglioso. Allora mi chiedo quanto ci sia di umano in questo essere umano, e intanto mi sforzo di nutrirli nella speranza che mettano una buona parola per me, lassù.

Forse non mi sono spiegato bene: non è infilandoti le dita nel naso che troverai le tue risposte.


DOC


(*) Dal brano "Resta" dei Litfiba, 1987.

I mondi di Mondella



Preso per mano, Mondo svanì come per incanto, insieme alla carrozza, per riverenza, lasciandoti a lui.
Lo squadrasti dal sopracciglio in giù, ma quelle scarpe già le conoscevi. Guardò i tuoi stivaletti da fata, salì fino alle iridi d'oro cangiante e tornò a mirare le labbra rosa pastello... Che bello: stava da favola, raccolto nella tua piccola mano, innamorato perso.
Un cavallo indaco come il cielo, a briglie sciolte per amore, vi condusse alla torre di Arianna, scortato dai riflessi verdastri del saggio Paesaggio che ispirarono il primo bacio. E mentre Caronte dispensava peccaminosi liquidi senza piombo, nuovi baci combaciavano sotto atavici decori.
Nacque Pomeriggio, custode dell'ombra e della luce. Un alto Sole vi scorse tra le Bianche, soffiò un istante per fare spazio, e vi immortalò sotto quell'arco. Ritratto senza prezzo, arredo per la casa del vecchio Futuro.
Dalla finestra al letto, fatto scritto e disfatto, fulmini alogeni, intese di stomaci, pesto su lingue, linguine sull'inguine, caffè d'oppio. Eros quella sera sconfisse le lancette del tiranno Sauro, padrone del Tempo, elargendo frammenti d'eterno...
Concetto d'Amore perfetto, un caldo letto sulla bottega di Mastro Geppetto.

Letto rifatto, Mondo non fu mai più lo stesso. Persi per persi, un vagone perso condiviso nel viso, nella tua mano la sua, occhio per occhio, labbra sul collo. A cavallo del serpente di ferro vi specchiaste in due giovani esempi: Luna e Miele, testimoni di nozze d'infinito davanti a voi. Poi l'abbraccio di Medusa vi accolse nei suoi oceani, celato nelle spoglie del re Cafone che vi scarrozzò alla sua corte.
Tornò la fame, vi mangiaste in un sol boccone. Così sazi, lasciaste che i giullari Trastullo e Babbìo vi intrattenessero un po', quindi vi avviaste alla ricerca di nuovo cibo, bussando a portoni serrati, finchè incontraste due bionde sorridenti. La prima, grassa ancella, vi porse una padella; Bex, la sua compagna, si preoccupò d'irrorare lingue provate. Energia presto bruciata nel matto Carnevale: folletti mascherati, baci donati, note intonate da carretti improvvisati; nella piazza del paese, tra mille colori di coriandoli e trenini, lui raccolse per te un deja-vu. Disse: «Ti amo», e sentì il richiamo di un'accogliente locanda poco lontana. Lì un nuovo amplesso vi attendeva, ancora una volta vi nutriste di pane, amore e fantasia, con un innato magnetismo che permeava di magia i vostri sguardi. Pomeriggio ordinò poi a zio Buio di spegnere la luce, così vi concedeste un ultimo intreccio di mani a passeggio, circondati da bimbi festosi che quella sera andarono a letto tardi per rispetto della cornice a voi dedicata.
Rientrati al castello, il vigore di quella passione sarebbe stato sempre maggiore, tutta notte fino al dì, e poi oltre, due giorni in uno come due cuori in un unico corpo.

Per quanto meraviglioso, Mondo non era immune ai temporali di Sauro... Con mirabile maestrìa trasformaste i secondi in minuti e questi in ore, ma quando scese il Grande Rapace, il re Cafone sellò nuovamente i cavalli per voi: sapevi bene che quell'aquila d'acciaio, per contratto, avrebbe sciolto l'incantesimo rapendo il tuo cavaliere. Ma da abile fatina nella tua sfera di cristallo avevi visto che sareste riusciti a contenere le scariche elettriche della seconda dimensione, almeno finchè lui fosse tornato ad alimentare la fiamma che in ogni caso mai avrebbe cessato di ardere nel vostro petto.
Come ultima arma contro il tiranno, sfoderaste una manciata di preziosi momenti che abilmente eravate riusciti a sottrargli dal forziere, e Indaco tornò a galoppare. Una viola ornava il tuo crine quando ti inoltrasti tra i grandi palazzi della città per donargli la fisica del tuo regno: lui ne bevve, assaporando ogni atomo. Poi fu la volta dei mari: scendesti da cavallo, affrontasti Cerbero per lui e lo prendesti ancora una volta per mano. I vostri sguardi si incontrarono all'orizzonte. Giunti al Prato della Tranquillità, lui colse un petalo di passato per ammirarti seduta sotto un albero, immersa tra le tue formule esoteriche.
La brezza ti accarezzava i capelli, tu accarezzavi i suoi, mai avreste smesso di scambiarvi mani e labbra...

La storia termina bruscamente qui: si dice che il Dio delle Parole Scritte fosse troppo coinvolto per riportarne il finale, per cui lasciò l'opera incompiuta troncandola di netto alla romantica scena che avete appena letto. In calce, solo le scuse e la conferma che la fatina, nella sua sfera magica, ci aveva visto giusto.

DOC

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Comunicazione di servizio - Sono lieto di annunciare ufficialmente la ripresa dei post, anche se inizialmente con cadenza ancora un po' lenta... Ma chi ben comincia è già a metà dell'opera, e «le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore» (da "Il tempo ritrovato", Marcel Proust 1927).

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