Kidanè

Era l'anno 1969, ero ancora nella mia bella città di Asmara (in italiano significa giardino), che si trova in Eritrea. Mi era nato il terzo bimbo da pochi giorni e, nonostante avessi l'aiuto della "lettè" (così erano dette le donne di servizio), ero stanca per stare dietro al piccolo, tra poppate al seno, bagnetto, eccetera; considerando che avevo altri due birichini, avevo trascurato un po' la casa e il giardino. Direte voi, e il maritino? Lui lavorava tutti i giorni, anche la domenica, e non aveva tempo.
Un giorno sentii suonare il campanello del cancello e mi trovai davanti un ragazzo eritreo, smilzo e simpatico, pensai che non avesse più di vent'anni. Credevo volesse l'elemosina, dato che in quella terra era una cosa frequente allungare le mani per elemosinare, in quanto la ricchezza era riservata a pochi eletti. Il ragazzo, che poi seppi di nome Kidanè, disse che, passando davanti alla mia casa, aveva notato il mio giardino in disordine, e se gliene avessi dato il permesso se ne sarebbe occupato lui. Non aveva pretese, chiedeva solo un po' di "argent de poche", qualche pasto caldo e se fosse stato possibile anche un giaciglio per dormire. Mi raccontò che veniva dall'università, e non avendo famiglia non sapeva dove andare. Mi voltai a guardare il giardino, era in condizioni pietose, le erbacce la facevano da padrone... volli fidarmi di Kidanè: aprii il cancello e lo feci entrare.
Si mise subito all'opera e fece un bel lavoro, le aiuole divennero più belle e pulì anche il pollaio, dove c'erano galline, papere e anche un gallo. Gli permisi una pausa e gli offrii un tè con dei biscotti. Intanto con la lettè preparammo un letto con lenzuola e coperte nel capanno, e quando fu pronto il pranzo lo invitai a servirsene in cucina insieme alla lettè.
Kidanè divenne il factotum della mia famiglia: oltre al giardino e al pollaio faceva da baby-sitter per i tre bimbi, aiutava la lettè nelle faccende di casa e la lavandaia, lustrava le scarpe di mio marito a specchio, che allora erano di moda ben lucide.
Kidanè si contentava di poco: una maglia, una vecchia giacca o un paio di scarpe lo rendevano felice, e in quanto a moneta gli si dava qualcosa di più dell'argent de poche. Meritava tanto quel ragazzo, che fra tante doti aveva il dono dell'onestà e dell'igiene, cosa molto rara in Africa anche per mancanza d'acqua.
Finita l'estate, purtroppo Kidanè ci lasciò per andare all'università. Intanto nel 1970 in Eritrea si scatenò una guerra contro l'Etiopia, perché quest'ultima voleva conquistarla e avere il passaggio sul Mar Rosso, Massaua e Assab. Mio marito pensò bene di venire in Italia con me e i ragazzini perché la zona stava diventando pericolosa.
L'estate seguente Kidanè tornò, e non trovandoci andò dai miei suoceri a chiedere informazioni; quando seppe della nostra partenza, si mise a piangere.
Kidanè mi è rimasto nel cuore e non lo dimenticherò mai.
Ivana (mamma DOC)

Veduta di Asmara, capitale dell'Eritrea, da quest'anno Patrimonio dell'Unesco. In apertura: dipinto di Seana Mallen.