Maestri di sopravvivenza: i tardigradi
Specie animale scoperta nel 1773 dal biologo tedesco Johann August Ephraim Goeze, quelli che lui chiamò "orsi d'acqua" furono ufficialmente battezzati "tardigradi" tre anni dopo da Lazzaro Spallanzani, il naturalista italiano meglio ricordato come "padre scientifico" della fecondazione artificiale.
Il riferimento è al latino tardigrădus (tardus 'lento' + gradi 'camminare'), ovvero esseri che si muovono lentamente. Se a questa definizione associamo un aspetto da goffi orsetti brutticelli e paciocconi, tutto fa pensare ad una specie un po' sfigata, poco evoluta e vulnerabile. E invece...
Il riferimento è al latino tardigrădus (tardus 'lento' + gradi 'camminare'), ovvero esseri che si muovono lentamente. Se a questa definizione associamo un aspetto da goffi orsetti brutticelli e paciocconi, tutto fa pensare ad una specie un po' sfigata, poco evoluta e vulnerabile. E invece...

Niente paura, il soggetto qui in foto misura appena mezzo millimetro; sicchè, se decidesse di condividere con voi una bella nuotata, non ve ne accorgereste nemmeno. Sono proprio le dimensioni, a rendere ancora più sorprendenti le qualità di questo essere prodigioso. Ma procediamo per gradi (o meglio, per tardigradi), e scopriamo insieme le eccezionali caratteristiche di questi nostri compagni d'avventura, al cui confronto - per certi versi - noi umani rischiamo d'arrossire.

Classificazione - Invertebrati, oltre mille specie diverse finora registrate.
Descrizione - Le dimensioni variano tra la punta e la testa di uno spillo, ossia tra 0,1 mm e 1,5 mm. Sono organismi eutelici (hanno cioè un numero di cellule costante durante il corso della vita; gli individui possono accrescersi solo per volume e non per mitosi). Hanno quattro paia di zampe, che in molte specie marine sono parzialmente retrattili con un meccanismo telescopico, e artigli retrattili in numero generalmente compreso tra 4 e 8 per zampa.

Habitat - I tardigradi sono diffusi in tutto il pianeta. Vi sono specie marine, terrestri e adattate alle acque dolci. Sono stati osservati in tutti i continenti, dall'equatore ai poli, e a tutte le altezze, dalle zone oceaniche abissali profonde 4000 metri, ad altezze superiori ai 6000 metri in Himalaya. Possono essere considerati essenzialmente animali acquatici, in quanto anche le specie terrestri vivono all'interno di strati d'acqua che possono avere lo spessore appena sufficiente per ospitarli. Sono comunque in grado di resistere per tempi lunghissimi al disseccamento o al congelamento.
Respirazione - La respirazione è esclusivamente cutanea. Le piccole dimensioni, e quindi l'elevato rapporto superficie/volume, rendono infatti superfluo un apparato respiratorio. Sono in grado di sopravvivere anche in assenza di ossigeno.
Alimentazione - La maggior parte delle specie si nutre di cellule vegetali. Vi sono però anche forme predatorie, il cui cibo è fornito da Protozoi, Rotiferi, Nematodi e anche da altri tardigradi. Se vi sono costretti, i tardigradi possono sopravvivere per quasi un decennio in condizioni di totale disidratazione e senza cibo.
Riproduzione - In prevalenza la riproduzione è a sessi separati, anche se si conoscono specie ermafrodite e partenogenetiche. La femmina può deporre da 1 a 35 uova, dalle quali, dopo un periodo che può variare da 5 a 40 giorni, esce un individuo già formato come un adulto.

Resistenza alla temperatura - Caldo: resistono ad altissime temperature, per pochi minuti anche a 150 °C. Freddo: resistono a -200 °C per giorni, e fino a -272 °C per pochi minuti.
Resistenza alla pressione - Possono resistere alla pressione estremamente bassa del vuoto e anche a pressioni molto elevate, fino a 1.200 volte la pressione atmosferica.
Resistenza alle sostanze chimiche - Possono resistere a sostanze chimiche con alti valori di acidità, basicità o salinità.
Resistenza ai raggi X - Possono resistere a livelli di radiazione a raggi X pari a mille volte quelli sopportabili dall'essere umano.
Resistenza ai raggi UV - Possono resistere alla piena esposizione ai raggi solari nello spazio, che è anche mille volte superiore a quella terrestre.

Resistenza nello spazio - Nel settembre del 2007 il satellite russo Foton-M3 ha stazionato nello spazio per 12 giorni; tra i vari esperimenti a cui era destinato, promossi dall'ESA (Agenzia Spaziale Europea), c'era un test di resistenza dei tardigradi, che si è concluso con esiti a dir poco sbalorditivi. Ad una parte di esemplari è stata "concessa" la sola protezione ai raggi UV: di questi il 68% è sopravvissuto, e in parte si sono persino riprodotti, dando vita ad embrioni sani al rientro sulla Terra. Ma c'è di più: sono rimasti vivi anche tre degli esemplari esposti senza alcuna protezione all'effetto combinato di vuoto e radiazioni solari.

I tardigradi sono quindi a tutti gli effetti i primi - e per ora gli unici che si sappia esserne capaci - organismi animali sopravvissuti nello spazio aperto, ovvero a temperature, pressioni e radiazioni ultraviolette letali a qualsiasi altro essere vivente.
Ma qual è il loro segreto? Ad oltre 240 anni dalla scoperta, sui tardigradi si sa molto, ma ancora troppo poco. Si sa, ad esempio, che in condizioni ambientali estreme, essi riducono al minimo tutte le attività del proprio metabolismo, e per minimo s'intende anche meno dello 0,01%. Questa "quasi morte", autoindotta, preserva unicamente quel labile soffio di vita che in vita gli consente di restare, scongiurando peraltro ogni rischio d'estinzione (sono stati ritrovati fossili risalenti a 530 milioni di anni fa). Su altri aspetti, questi organismi presentano ancora oggi parecchi lati oscuri, e gli studiosi possono solo avanzare delle ipotesi: non si spiega, ad esempio, la loro resistenza a livelli così alti di radiazioni ultraviolette.
Gli studi proseguono, così come gli esperimenti su di essi: un secondo lancio nello spazio, commissionato da scienziati italiani, ha permesso di testarne nuovamente la resistenza nel 2011, a bordo della ISS (la stessa Stazione Spaziale Internazionale che pochi mesi fa la nostra valente Samantha Cristoforetti ci mostrava in Tv). Anche in questo caso, microgravità e radiazioni non hanno influenzato significativamente la sopravvivenza dei tardigradi ospiti.
Ma qual è il loro segreto? Ad oltre 240 anni dalla scoperta, sui tardigradi si sa molto, ma ancora troppo poco. Si sa, ad esempio, che in condizioni ambientali estreme, essi riducono al minimo tutte le attività del proprio metabolismo, e per minimo s'intende anche meno dello 0,01%. Questa "quasi morte", autoindotta, preserva unicamente quel labile soffio di vita che in vita gli consente di restare, scongiurando peraltro ogni rischio d'estinzione (sono stati ritrovati fossili risalenti a 530 milioni di anni fa). Su altri aspetti, questi organismi presentano ancora oggi parecchi lati oscuri, e gli studiosi possono solo avanzare delle ipotesi: non si spiega, ad esempio, la loro resistenza a livelli così alti di radiazioni ultraviolette.
Gli studi proseguono, così come gli esperimenti su di essi: un secondo lancio nello spazio, commissionato da scienziati italiani, ha permesso di testarne nuovamente la resistenza nel 2011, a bordo della ISS (la stessa Stazione Spaziale Internazionale che pochi mesi fa la nostra valente Samantha Cristoforetti ci mostrava in Tv). Anche in questo caso, microgravità e radiazioni non hanno influenzato significativamente la sopravvivenza dei tardigradi ospiti.

Per finire, con tali presupposti, poteva forse mancare una reazione/speculazione da parte dell'immaginario collettivo? Certo che no. C'è chi sostiene (scienziati compresi) l'ipotesi che i tardigradi provengono dallo spazio profondo (ovvio: lo spazio contiene praticamente tutto); chi gli dedica un apposito sito web (magari solo per vendere scadenti e-book); chi li erige ad oggetti di culto (e ti pareva); chi ne fa personaggi per improbabili e pittoreschi scenari (vedi di seguito, immagini da internet).








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